CONGIUNTURA IN EMILIA-ROMAGNA
“RECESSIONE SENZA TREGUA”
Bologna, 8 aprile 2013
Unioncamere Emilia-Romagna: “Internazionalizzazione, aggregazione attraverso i contratti di rete e patrimonializzazione dei confidi per garantire liquidità sono tre linee di intervento prioritarie del sistema camerale regionale al fine di accompagnare le imprese nella ricerca di competitività, per sopravvivere a questa fase e rilanciarsi appena sarà possibile”
Confindustria Emilia-Romagna: “Il barometro volge al peggio. Occorre contrastare l’incertezza e il declino. Imperativo: fiducia e stimoli alla ripartenza dell’economia reale”
Intesa Sanpaolo: “Rimane debole il credito a imprese e famiglie: fronte comune tra banche e imprese per tornare a crescere”
Una crisi che continua, anzi si accentua e segna in modo profondo l’economia dell’Emilia-Romagna. Nel quarto trimestre del 2012 la fase recessiva è diventata ancora più marcata.
La produzione delle piccole e medie imprese è diminuita del 5,5% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, consolidando il trend negativo iniziato a fine 2011. Peggiori dei dati dell’Emilia-Romagna sono i valori riscontrati a livello nazionale. A soffrire ogni settore di attività e classe dimensionale.
Non si intravvedono ancora segnali di ripresa e non lascia spazio a prospettive immediate di ripresa il quadro che emerge dall’indagine congiunturale che riguarda la chiusura 2012 e le previsioni per il 2013 sull’industria manifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo.
Occorre ricordare che il dato regionale del 2012 risente pesantemente degli effetti del sisma del mese di maggio, che ha colpito un’area ad alta vocazione manifatturiera e con spiccata propensione all’export. Nel corso del 2012 la contrazione del PIL è di conseguenza, seppur di poco, superiore a quella del Paese, -2,2%, invertendo una tendenza consolidata nel tempo. Produzione, vendite e ordini sono peggiorati di trimestre in trimestre nel corso del 2012.
Complessivamente, l’anno si è chiuso con un calo della produzione e del fatturato del 4,3%. Più elevata la diminuzione degli ordini, a sottolineare come i prossimi mesi si preannuncino difficili, specie sul fronte dell’occupazione A subire i cali più pronunciati sono il sistema moda ed i comparti del legno e della ceramica, che scontano anche la perdurante crisi dell’edilizia.
Tutte le classi dimensionali segnano variazioni negative: peggio vanno le cose per le imprese piccole rispetto alle grandi, differenza giustificata dalla maggior propensione delle seconde verso l’export, ancora una volta l’unico fattore di spinta alla crescita, in una fase in cui la domanda interna non accenna a riprendersi. Tuttavia, a causa di una congiuntura internazionale non favorevole, il traino del commercio con l’estero ha attenuato la sua forza propulsiva: nel 2010 le esportazioni regionali erano aumentate di oltre il 16% e nel 2011 del 13%, ma nel 2012 la crescita si è fermata al 3,1%, risentendo anche dei contraccolpi del terremoto su filiere particolarmente orientate all’export (bio-medicale, ceramica ecc.).
Quasi due terzi delle esportazioni restano ancora destinati al mercato europeo, un’area su cui è sempre più difficile competere, sia per la debolissima dinamica congiunturale della domanda, sia per l’aumento della concorrenza. Continua, con andamenti altalenanti nei diversi Paesi, lo sforzo di riorientare le esportazioni verso i mercati emergenti, più lontani e impegnativi per le PMI.
“Dal 2008, anno di inizio della crisi, ad oggi il PIL regionale in termini reali al netto dell’inflazione ha perso il 5,5% – sottolinea il Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna Carlo Alberto Roncarati – La ricchezza creata dal settore industriale al netto delle costruzioni nel 2013 tornerà sui valori di fine anni ’90. Sul versante occupazionale, le unità di lavoro impiegate nell’industria saranno pari a poco più di 500.000, pari a 55.000 in meno rispetto al 2007, vale a dire un calo del 9,2%. Almeno nel breve periodo - prosegue Roncarati – per poter far ripartire la nostra industria manifatturiera è necessario agganciare la crescita della domanda nel mercato mondiale e cogliere le opportunità che essa offre, spesso in aree difficili da raggiungere per le singole imprese. Il sistema camerale regionale ha accordato priorità – e ha impostato azioni mirate in questa direzione – a tre linee di intervento, per attenuare gli effetti negativi di questa fase recessiva:i progetti integrati di internazionalizzazione nei mercati emergenti; l’aggregazione delle imprese attraverso i contratti di rete; la patrimonializzazione dei confidi per garantire liquidità alle PMI.”
Lo scenario negativo è confermato da Confindustria Emilia-Romagna: “Il quadro di difficoltà per l’economia regionale – dichiara il Presidente Maurizio Marchesini – si rafforza e rischia di intaccare i fattori portanti della struttura produttiva”. Si acuisce la caduta della domanda interna: i consumi inseguono, e provocano, la discesa del reddito delle famiglie; gli investimenti restano sospesi in attesa che migliorino le prospettive e il clima di fiducia. Su entrambi si stringe la morsa della riduzione del credito.
Le prospettive sino a giugno 2013 – rilevate da Confindustria Emilia-Romagna con la propria Indagine semestrale su 740 imprese con 76.600 addetti e 26 miliardi di euro di fatturato – rispetto al primo semestre dell’anno scorso, sono le seguenti: un imprenditore su quattro si aspetta un aumento della produzione, il 52,7% si aspetta una stazionarietà e il 22,3% una riduzione dei livelli di produzione. Per quanto riguarda l’andamento della domanda totale, il 25,7% delle imprese si attende un aumento degli ordini, il 48,1% una stazionarietà. Più ottimistiche le aspettative sulla domanda estera, per la quale il 31,2% degli imprenditori si attende un aumento.
Da tenere presente, però, che i segnali di lieve miglioramento rispetto all’anno scorso riguardo a produzione, ordini totali e, soprattutto, ordini esteri, sono stati raccolti ad inizio anno, su un campione di imprese il cui fatturato è per oltre la metà proveniente dall’estero. Questi segnali appaiono progressivamente smentiti da un quadro economico in ulteriore generalizzato peggioramento.
Permangono i segnali di preoccupazione per quanto riguarda il mercato del lavoro, con quasi 3 imprenditori su 4 che si attendono che l’occupazione rimarrà stazionaria e un saldo ottimisti-pessimisti pari a -5,5 punti.
“Pur non mancando segnali diversi, esempi di eccellenza e capacità di reazione attraverso la ricerca di nuovi mercati – afferma il Presidente regionale degli industriali – rimane il fatto che i due terzi del fatturato delle imprese italiane, un po’ meno in Emilia-Romagna, è legato alla domanda interna, che non accenna segnali di ripresa. Ciò spiega le forti difficoltà e l’affanno delle piccole imprese, fortemente dipendenti dal mercato domestico e meno attrezzate a reagire ad una così prolungata situazione, che compromette filiere consolidate e rapporti di subfornitura.
Occorre che la politica prenda coscienza rapidamente di quali sono i veri problemi del Paese, mettendo l’economia reale al centro dei propri programmi e interventi. Dobbiamo il più rapidamente possibile riconquistare la crescita, creare lavoro, riconoscere e riaffermare la centralità delle imprese, infondere fiducia negli italiani, restituire ai giovani un futuro di progresso, facendo ripartire subito l’economia e rilanciando l’industria, vera colonna portante del Paese.”
“Questo quadro – conclude il Presidente Marchesini – appare ancora più grave se rapportato a due aspetti. Il primo è che gli andamenti e i segnali in giro per il mondo e sui mercati globali sono di positiva espansione, quindi in grado di offrire alle nostre imprese occasioni e opportunità di recupero e crescita. Il secondo è che, nonostante i condizionamenti e i limiti che caratterizzano il contesto nazionale, il sistema produttivo è ancora solido e competitivo e vuole reagire.”
Il credito in Emilia-Romagna, secondo l’analisi del Servizio Studi di Intesa Sanpaolo, è rimasto debole sul finire del 2012 e ha aperto il 2013 ancora in calo, in linea con la tendenza nazionale, risentendo del crollo dei fattori di domanda. Il complesso dei prestiti a famiglie e imprese ha segnato un calo del 2,8% nell’ultimo trimestre 2012 rispetto allo stesso periodo del 2011 e ha iniziato il 2013 in flessione del 3,2%. L’andamento è determinato dall’indebolimento dei prestiti alle imprese che nel quarto trimestre 2012 hanno registrato un calo del 3,8%, confermatosi a gennaio 2013 (-4,2%). L’evoluzione dei prestiti alle imprese della Regione non si discosta dalla tendenza nazionale: -2,1% medio nel 2012 in Emilia Romagna, -2,2% per il sistema Italia. I dati più recenti confermano andamenti allineati: -4,2% a gennaio in Emilia Romagna, -3,9% nella media Italia.
I prestiti alle famiglie hanno continuato a mostrare un indebolimento più moderato e graduale, ma anch’essi sono arrivati a segnare variazioni leggermente negative da luglio 2012, confermate a inizio 2013 (-0,5% nel quarto trimestre 2012 e -0,7% a gennaio 2013). I prestiti alle famiglie dell’Emilia-Romagna dallo scorso ottobre segnano un calo leggermente più contenuto della media nazionale (-0,7% a gennaio rispetto a -0,9% del dato nazionale).
L’indebolimento dei prestiti alle imprese trascina in calo tutte le province dell’Emilia Romagna. Ferrara e Ravenna si distinguono per variazioni molto contenute (-0,5% nei prestiti alle imprese a gennaio). Tre province contengono il calo tra -2 e -3% circa: Bologna (-2,3%), Forlì-Cesena (-2,8%) e Modena (–3,1%). Prestiti alle imprese in evidente contrazione si sono registrati a Rimini (addirittura -9,3%), Reggio Emilia (-7,7%), Parma (-6,5%), Piacenza (-5,3%). Nei prestiti alle famiglie, a gennaio solo due province mostrano un segno positivo, più significativo per Rimini (+1,2%) e marginale per Modena (+0,2%). All’opposto, Piacenza segna un calo significativo (-3,8%). Le altre province si posizionano tra il -0,5% di Ferrara e il -1,7% di Reggio Emilia.
A questi numeri, che danno la misura dell’impatto della recessione sul credito all’economia della regione, si aggiunge l’emersione delle sofferenze. Il tasso di ingresso in sofferenza delle imprese ha subito un significativo incremento nel 2012, giungendo a superare il 3% da giugno. Il deterioramento della qualità del credito alle imprese ha trainato l’aumento del tasso di decadimento del complesso della clientela bancaria (2,6% a settembre 2012 per il settore non finanziario dell’Emilia-Romagna).
“Sulla dinamica del credito – commenta Adriano Maestri, direttore regionale di Intesa Sanpaolo – pesano soprattutto le prospettive quanto mai incerte, la conseguente caduta degli investimenti, i fatturati che non mostrano segnali di crescita e una domanda di credito prioritariamente indirizzata a esigenze di cassa, di ristrutturazione del debito e ancora moratorie. A ciò si aggiunge la situazione critica delle sofferenze che obbliga a una valutazione sempre più attenta del merito creditizio.”
“Per uscire da questa impasse – aggiunge Maestri - occorre fare fronte comune tra banche e imprese e fra imprese e imprese, rafforzando la collaborazione non solo nel credito, con iniziative condivise tese al rafforzamento patrimoniale delle imprese, a farle crescere di dimensione, a sviluppare progetti comuni anche attraverso contratti di rete, a sfruttare i vantaggi dell’internazionalizzazione, a spingerle a investire in ricerca. Nei momenti di difficoltà è necessario puntare a un forte cambiamento strutturale. L’impegno delle nostre banche in regione in questi giorni è anche quello di accompagnare lo sforzo straordinario per la ricostruzione post-terremoto e per la ripartenza delle attività produttive, per ripristinare e rafforzare la capacità produttiva del nostro territorio.”
INTESA SANPAOLO Emanuele Caprara – emanuele.caprara@intesasanpaolo.com tel. 051 6454411 cell. 335 7170842
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Data ultimo aggiornamento 8 aprile 2013 alle ore 11:48