Intesa Sanpaolo: i distretti industriali migliorano fatturato e produttività
Idistretti industriali non fanno mancare il loro apporto all’economia italiana, nemmeno in un momento in cui si notano segni di rallentamento in un quadro generale influenzato da molte incertezze geo-politiche. La presentazione dell’undicesimo Rapporto annuale sull’economia e la finanza dei distretti industriali, realizzato dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, è stata l’occasione per ribadire il ruolo fondamentale, il valore e l’originalità di quel “capitalismo del territorio, o di filiera” – come lo ha definito Gregorio De Felice, capo economista della banca – che anche nel 2019 riuscirà ad aumentare il fatturato del 2,5% dopo la crescita del 7,7% degli ultimi due anni.
“La vicinanza delle imprese sul territorio favorisce processi di innovazione e internazionalizzazione”.
Il rapporto, illustrato da De Felice e dal responsabile delle Ricerca Industry & Banking Fabrizio Guelpa, ha analizzato i bilanci aziendali degli anni 2008-2017 di quasi 20.000 imprese appartenenti a 156 distretti industriali e di oltre 62.000 imprese non distrettuali con un fatturato aggregato pari 765 miliardi.
I distretti hanno migliorato la produttività (il 10% in più rispetto alle aree non distrettuali), evidenziando diverse aree di eccellenza come nel Nord Est (10) e nel Nord Ovest (6) in tutte le principali filiere produttive con una prevalenza dei settori Metalmeccanico e Agro-alimentare. Ai primi tre posti della classifica dei distretti ci sono: la Gomma del Sebino bergamasco, la Pelletteria e Calzature di Firenze e i Dolci di Alba e Cuneo.
Il rapporto individua i segnali di “un profondo rinnovamento” dei distretti pur in un percorso di successo già tracciato. I distretti continuano a offrire vantaggi localizzativi, la prossimità sul territorio agevola i processi di innovazione e di internazionalizzazione, favorisce l’adozione di tecnologie 4.0. I vantaggi delle filiere aggregate sul territorio si stanno affermando anche in altre specializzazioni meno tipiche del mondo distrettuale, come la cosmetica in Lombardia e l’emergere di veri e propri distretti della componentistica per auto nell’area di Torino e nel bresciano.
I distretti, inoltre, hanno beneficiato della crescente presenza di capitali esteri nelle compagini societarie, con un interesse significativo degli investitori francesi (in particolare nella moda) e tedeschi (investimenti greenfield). Questa apertura ai capitali stranieri non si è finora tramutata in un ricambio più profondo degli organi societari che restano formati soprattutto da persone nate nel territorio di localizzazione dell’impresa. Il 76% delle imprese distrettuali, infatti, è guidato da board composti da amministratori nati esclusivamente nella regione di operatività delle aziende. Si pone quindi, oggi e in prospettiva, il tema di una governance più aperta che può facilitare l’ingresso in azienda di manager con competenze trasversali ad altri settori e con esperienze internazionali.
Il problema del capitale umano è probabilmente la sfida più delicata per i distretti: le imprese, infatti, faticano a trovare operai specializzati e soprattutto addetti con competenze legate alle tecnologie 4.0. Secondo il Rapporto il superamento di queste criticità passa anche attraverso una rivisitazione dei canali di assunzione nei distretti, molto ancorati a procedure formali (in circa tre quarti delle imprese) e poco orientati a canali formali che utilizzano le agenzie interinali, gli istituti tecnici e professionali, gli istituti tecnici superiori e l’università.
Marzo 2019