Intesa Sanpaolo guarda alla Blockchain con un team "ad hoc"
L’esperienza di Intesa Sanpaolo nella blockchain è iniziata cinque anni fa e da questo ambito il Gruppo si attende risultati rilevanti nei prossimi anni. La blockchain è infatti una tecnologia che ha attratto da subito l’attenzione del mondo finanziario – e non solo – perché promette di garantire trasparenza e immutabilità delle informazioni e dei beni scambiati, consentendo una maggiore semplificazione ed efficienza nel lancio di nuovi modelli e servizi di business. Quando si parla di questa tecnologia, però, bisogna distinguere tra blockchain pubbliche e private: le prime sono aperte a tutti e chiunque può creare e validare le transazioni; le seconde, invece, sono reti dove solo attori identificati e autorizzati possono essere ammessi a partecipare agli scambi.
L’industria finanziaria è stata tra le prime ad avvicinarsi a questa tecnologia, spinta inizialmente dalla minaccia di disintermediazione rappresentata dalle criptovalute. Negli ultimi anni, la maturazione tecnologica e la maggiore comprensione del fenomeno hanno fatto sì che il focus dell’industria si sia spostato sempre più dalle blockchain pubbliche a quelle private, essendo queste più vicine ai bisogni delle financial institutions. Con l’introduzione della DLT (distributed ledger technology), ovvero la tecnologia sottostante alla blockchain, l’industria finanziaria potrebbe ridurre molti degli onerosi processi di riconciliazione. I cosiddetti ‘registri distribuiti’ risolvono infatti questo problema, consentendo di scambiare informazioni e valori digitali verso le controparti con la garanzia che ciascuna di esse abbia le stesse informazioni e che la tracciatura rimanga immutata nel tempo. Questa tecnologia, oltre al principio di condivisione delle informazioni, ha introdotto anche una nuova categoria, i cosiddetti “smart contracts”: applicazioni eseguite in logica distribuita, che, sulla base di determinate informazioni e condizioni, automatizzano l’esecuzione di un contratto senza la necessità di intermediari che verificano l’accordo. Questo modello può creare benefici sia in termini di trasparenza, sia di maggiore automazione, visto che tutte le operazioni di verifica ed esecuzione del contratto sono demandate ad un software.
Come detto, Intesa Sanpaolo presidia la blockchain dal 2014 e, pur non avendo costituito ancora una struttura dedicata, ha creato un team ad hoc, composto da esperti provenienti da tutte le aree della Banca per analizzare i possibili impatti e benefici della tecnologia. In particolare, il gruppo di lavoro ha lavorato su diversi aspetti: dalla regolamentazione agli investimenti dei venture capital, dalle nuove piattaforme tecnologiche alle startup, all’analisi di specifici casi d’uso. Inoltre, il Gruppo partecipa ai principali tavoli istituzionali nazionali e internazionali dedicati alla regolamentazione, in primis presso la Commissione Europea e la Federazione Bancari Europea.
L’approccio della banca verso la blockchain è stato, come si suol dire, di tipo olistico, nel senso che il team è impegnato a comprendere gli ambiti di applicazione e per questo ha avviato un’esplorazione completa sia delle blockchain pubbliche - comprese le criptovalute - che di quelle private. Sul primo fronte, ad esempio, era stata attivata nel 2014 una stream di lavoro dedicata che ha previsto una stretta collaborazione tra le strutture della banca e startup e centri di ricerca, con l’obiettivo di comprendere il livello di maturità della tecnologia e studiare nuovi prodotti e servizi che il Gruppo potrebbe fornire nel caso in cui ci fosse una forte accelerazione delle blockchain pubbliche e delle criptovalute.
Sul fronte privato, invece, nel 2015 il Gruppo ha attivato una collaborazione con R3, una società americana tra i principali player a livello globale della tecnologia Distributed Ledger, che ha sviluppato una tecnologia proprietaria, denominata Corda, e che guida un gruppo di circa 100 istituzioni finanziarie ed un esteso network di partnership. In questo ambito sono state avviate diverse sperimentazioni e nel 2017 la collaborazione in R3 ha portato Intesa Sanpaolo, tramite il suo fondo di corporate venture capital, Neva Finventures, a entrare nel capitale insieme ad altre primarie istituzioni finanziarie internazionali.
Dopo una fase inziale caratterizzata da un certo entusiasmo e in cui la blockchain è stata considerata da molti come la panacea di quasi tutti i problemi dell’industria finanziaria, nell’ultimo periodo si è giunti ad una presa di coscienza circa le sue reali potenzialità. Oggi stiamo quindi assistendo ad una progressiva evoluzione tecnologica, ai primi passi di uno sviluppo regolamentare e ad una focalizzazione su specifici ambiti di applicazione nel breve termine.
Al momento i costi per l’adozione della blockchain sono ancora elevati e quindi l’eventuale sviluppo dipenderà dal grado di diffusione, in modo da raggiungere adeguate economie di scala, al momento ostacolate da una serie di barriere come il contesto regolamentare, l’integrazione nei sistemi e processi esistenti e le modifiche ai modelli di business.
In questo contesto Intesa Sanpaolo ha assunto un posizionamento strategico che mira a prediligere un approccio industriale per le iniziative che nel breve-medio termine possano scalare almeno a livello nazionale. Le iniziative più mature in questo momento sono: Spunta Project, che permetterà di dar vita a scritture su conti reciproci delle banche italiane (secondo quanto stabilito dal Comitato Esecutivo ABI), per cui si prevede l’inizio della migrazione alla nuova tecnologia nel 2020; Marco Polo (R3) che consente di re-intermediare la banca nei processi di Trade Finance connessi all’import-export (operatività in open account).
La Commissione Europea sta dedicando una grande attenzione a questi argomenti riconoscendo nella blockchain una rilevanza strategica e un enorme potenziale di sviluppo e applicazione. Non a caso lo scorso marzo è nata la prima associazione cross-industry che punta a valorizzare la blockchan a livello globale e a facilitare la standardizzazione e l’interoperabilità: si tratta dell’International Association of Trusted Blockchain Applications (INATBA), a cui Intesa Sanpaolo ha aderito come membro fondatore.
Agosto 2019