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Sfide e priorità per un rilancio possibile dell'economia italiana

Pochi numeri bastano per rappresentare la gravità della crisi innestata dalla pandemia di Covid-19. Il PIL italiano, dopo aver registrato un calo congiunturale del 5,5% nel primo trimestre, ha subito un vero e proprio crollo nei mesi primaverili, accusando un arretramento pari al 13,3%. Nel corso del terzo trimestre l’attività economica ha mostrato un rimbalzo significativo (+16,1% sempre su base congiunturale), che ha interessato tutte le principali componenti della domanda (consumi, investimenti ed esportazioni).  Il rimbalzo ha riguardato in modo particolare il manifatturiero e le costruzioni. Si tratta comunque di un recupero parziale che lascia il PIL dei mesi estivi lontano dai livelli del corrispondente periodo del 2019 (il divario è pari al 4,7%). Risultano particolarmente attardate alcune attività dei servizi: tra queste il commercio al dettaglio, la ristorazione, le strutture ricettive, le attività artistiche e di intrattenimento. Sono proprio queste le attività maggiormente colpite dalle misure restrittive adottate dal Governo italiano a partire dal mese di ottobre per combattere la seconda ondata di Covid-19. Le nuove restrizioni peseranno sull’evoluzione dell’attività economica del quarto trimestre del 2020. Tuttavia, l’entità della contrazione sarà inferiore a quella osservata in primavera. Infatti, le misure di contenimento non interessano tutto il territorio nazionale e, soprattutto, riguardano un insieme più ristretto di attività economiche: industria e costruzioni sono escluse e solo un sottoinsieme dei comparti di servizi e commercio sono sospesi (che peraltro sono già su livelli inferiori alla norma).

Il bilancio sull’intero 2020 è comunque destinato a essere molto negativo: la contrazione del PIL dovrebbe attestarsi intorno al 9%.  I settori più colpiti sono quelli più legati alla filiera del turismo ("alloggio e ristorazione" e trasporto passeggeri) e tutto il comparto delle attività artistiche, di intrattenimento e divertimento. Tutti i territori saranno interessati da riduzioni significative delle presenze di turisti. Emergono però differenze rilevanti da regione a regione, in funzione della tipologia di località turistica, del grado di internazionalizzazione e della provenienza più o meno lontana dei turisti stranieri. Sono tre le regioni che, secondo le nostre stime, subiranno il calo più rilevante della filiera turistica e della ristorazione. Nell’ordine sono Veneto, Lazio e Lombardia, penalizzate da presenza di città d’arte o centri d’affari (Venezia, Verona, Milano, Roma), elevata internazionalizzazione (67,6% Veneto, con punte del 74% a Venezia e del 76% del Lago di Garda; 62,5% Lazio, spinto dal 68% di Roma; 60% Lombardia e Milano; vs 50% Italia), forte presenza di turisti non UE (59% Milano; 62,7% Roma; vs 33% Italia). Un secondo gruppo di regioni mostreranno una riduzione del settore per lo più in linea con la media italiana: Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Sicilia, Campania, Sardegna, Piemonte e Umbria. Tra le regioni meno colpite in estate quelle che ospitano località montane (Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige) per le quali però la recrudescenza dei contagi e le misure di contenimento mettono a rischio la stagione sciistica, o località marine (Liguria, dorsale adriatica, Puglia, Basilicata e Calabria) o piccoli borghi (Molise), favorite anche da un ridotto grado di internazionalizzazione (Valle d’Aosta 41,7%; Liguria 40,7%; Emilia Romagna 26%; Marche 17%; Abruzzo 13%; Molise 8%; Basilicata 12,5%; Calabria 23%) e/o da una bassa quota di turisti extra-UE (Calabria 27,5%; 24% Valle d’Aosta; 11,7% Trentino-Alto Adige).

 

Tra i settori più penalizzati vi sono anche i trasporti (aerei principalmente), il commercio al dettaglio non alimentare e alcuni servizi alla persona (come centri benessere, estetici, parrucchieri). Secondo quanto emerso nell’ultimo rapporto Analisi dei Settori Industriali (pubblicato a ottobre da Intesa Sanpaolo e Prometeia), nel manifatturiero Sistema moda e autoveicoli sono i settori più in difficoltà. Sulla performance della moda pesano una stagione andata sostanzialmente persa, per i provvedimenti restrittivi alla mobilità intrapresi in primavera a livello internazionale, e una chiusura d’anno caratterizzata da un clima di incertezza, con limitazioni alla vita sociale che freneranno ancora i consumi di questi beni. L’automotive sconta gli effetti della pesante crisi economica che ha portato a posticipare la domanda di autoveicoli, anche se le attese sono di parziale recupero del fatturato settoriale tra agosto e dicembre, grazie alla spinta degli ecoincentivi per le autovetture approvati nel Decreto Agosto, che hanno già riportato in positivo i numeri delle immatricolazioni in settembre. Seguono per ampiezza del calo i settori del mobile e della meccanica: il primo sconta la caduta molto intensa durante la fase di lockdown e il blocco della domanda del segmento contract; il secondo si trova a fronteggiare una flessione marcata della domanda mondiale (superiore a quanto osservato mediamente nel manifatturiero) e una battuta d’arresto degli investimenti sul fronte interno. Le difficoltà congiunturali del settore automotive stanno poi penalizzando anche l’elettrotecnica, che, tuttavia, limita almeno in parte le perdite grazie al traino offerto dai crescenti investimenti in chiave ecologica, sia nel settore auto sia nelle costruzioni.

Tra i settori migliori spicca la farmaceutica, unico settore manifatturiero atteso chiudere il 2020 in crescita, grazie al traino della domanda mondiale, a fronte di una domanda domestica di farmaci in leggero ripiegamento (sintesi di un aumento di domanda dei trattamenti Covid e di un calo delle altre terapie). Ha poi mostrato una buona resilienza il settore dell’Alimentare e bevande, grazie alla debole crescita delle esportazioni e all’aumento dei consumi alimentari domestici, che compensano in parte la flessione generalizzata del canale Ho.Re.Ca. Tra le produzioni più resilienti vi sono tissue e detergenti, nonché le imprese specializzate in disinfestazione e sanificazione degli ambienti, attivate dagli obblighi previsti dal Protocollo Salute e Sicurezza. Contiene la caduta l’elettronica, spinta sia dai consumi di tecnologia domestica, sia dagli investimenti nella digitalizzazione. Tra i settori che sono attesi contrarsi meno troviamo le costruzioni e i prodotti e materiali da costruzione, spinti dal riavvio degli investimenti in costruzioni, in particolare delle riqualificazioni residenziali (per cui sono stati potenziati gli incentivi in chiave ecologica e antisismica), gli altri beni intermedi, sostenuti dall’aumento di domanda di prodotti in plastica e carta legato all’emergenza sanitaria e gli intermedi chimici, grazie alla domanda di chimica per prodotti igienizzanti che sta trainando le esportazioni. In ambito non manifatturiero, tra i settori più resilienti vi sono le farmacie, nonché la GDO e la piccola distribuzione alimentare, poiché attivi nella commercializzazione di beni di prima necessità. A questi si aggiungono la sanità, in prima linea nell’affrontare questa emergenza, e le telecomunicazioni, i servizi informatici, sempre più strategici in un contesto in cui la tecnologia ha acquisito un ruolo crescente nel ridurre le distanze fisiche tra le persone. Spicca, in particolare, l’e-commerce, una delle poche attività in forte crescita e in controtendenza in questa fase.

Tutte le regioni italiane saranno interessate da riduzioni significative dell’attività economica. Sono questi i risultati che emergono dall’outlook territoriale sul 2020 elaborato dalla Direzione Studi e Ricerche. Secondo le nostre proiezioni, le regioni più colpite e con un calo atteso del PIL superiore alla media italiana sono Veneto, Toscana, Marche, Piemonte e Lombardia. Pesa la specializzazione di queste regioni nella metalmeccanica e nell’automotive (Veneto, Piemonte e Lombardia), nella moda (Toscana e Marche) e nella filiera della ristorazione e del turismo (Veneto, Toscana e Milano). Tra le regioni che sono attese sperimentare una contrazione in linea con la media italiana ci sono Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna, Umbria, Basilicata, Valle d’Aosta, Liguria, Lazio, Campania e Abruzzo. Pesano le difficoltà di alcuni settori di specializzazione (metalmeccanica in FVG ed Emilia Romagna; auto ed estrattivo in Basilicata; turismo in Valle d’Aosta, Liguria, Lazio, Campania; Moda in Umbria, Campania, Abruzzo), in parte attenuate da una buona presenza nell’agro-alimentare (Emilia Romagna, Basilicata, Umbria, Campania), nella cantieristica (Liguria e FVG), nei Trasporti (FVG) e nella farmaceutica (Lazio). Nonostante le difficoltà del turismo, Liguria, Valle d’Aosta, Emilia Romagna, Abruzzo evidenziano una «tenuta» migliore del settore. Infine, vi è un terzo gruppo di regioni in difficoltà, ma leggermente più resilienti rispetto al resto d’Italia: si tratta del Trentino-Alto Adige e di parte del Mezzogiorno (Sicilia, Sardegna, Calabria, Puglia, Molise). Sono state premianti le specializzazioni nell’agro-alimentare, la relativa tenuta del turismo e l’elevato peso delle attività «non market» nel Mezzogiorno (pubblica amministrazione, istruzione, sanità).

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