Raffaele Mattioli, banchiere "umanista" che aiutò a salvare gli ebrei in Italia
Foto di gruppo dell’Ufficio Studi BCI: Hans Hirschtein, economista ebreo tedesco accolto dall’Ufficio Studi nel 1938, è il quarto da destra in piedi; Antonello Gerbi è il quinto da sinistra seduto. Milano, 1938
Raffaele Mattioli è stato molto più che una figura di spicco della Banca Commerciale Italiana (COMIT), Istituto che negli anni è diventato parte dell’attuale Intesa Sanpaolo: i suoi contributi al bene del Paese riguardano diversi ambiti di attività, sottolineati anche in occasione della celebrazione del 50° dalla scomparsa*.
Tra i banchieri più rappresentativi del secolo scorso, ben noto anche all’estero nel mondo della finanza internazionale, oltre ad essere stato un fine economista è spesso ricordato come il “banchiere umanista” per il suo impegno nella promozione di numerose iniziative culturali, specialmente nell’ambito della storia economica, della letteratura, dell’architettura e dell’arte.
Caldeggiava l’idea di una classe dirigente dotata di una profonda cultura umanistica, perché riteneva che lo sviluppo economico dovesse sempre andare di pari passo con lo sviluppo culturale.
Nato a Vasto nel 1895, a soli 27 anni fu nominato segretario generale della Camera di Commercio di Milano. Tre anni dopo approdò alla COMIT, dove avrebbe trascorso il resto della sua carriera professionale, rivestendone il ruolo di Presidente negli ultimi 12 anni prima del ritiro, avvenuto nel 1972 (leggi la biografia completa di Raffaele Mattioli).
Uno dei molti motivi per i quali il banchiere ha lasciato un’eredità morale indelebile, riguarda l’impegno profuso per salvare molte vite umane durante la persecuzione degli ebrei dovuta all’emanazione delle leggi antisemite del 1938.
Mattioli, “un ebreo onorario”
I mesi che precedettero lo scoppio della seconda guerra mondiale furono tempi bui per l’Italia. Il governo Mussolini approvò le famigerate leggi razziali che trasformarono – in peggio – la vita degli ebrei nel paese. Tutti i bambini e gli studenti ebrei furono cacciati dalle scuole pubbliche e dalle università e gli insegnanti e i professori licenziati. Altre misure includevano l’esclusione degli ebrei dai posti di lavoro pubblici, l’espropriazione dei loro beni e il divieto di celebrare matrimoni fra ebrei e cattolici.
Quelle leggi causarono un misto di sconcerto e disappunto. Dopo tutto, gli ebrei italiani – appena 48.000 su una popolazione nazionale di oltre 40 milioni di persone – avevano la reputazione di essere ben integrati nella società.
Mattioli detestava la piega che stava prendendo il paese: “È come cadere in un abisso”, diceva. Giurò di rimanere dalla parte della giustizia e di “continuare a lavorare con occhi aperti e mente sveglia”.
Ciò significava soprattutto restare al fianco dei suoi dipendenti ebrei alla COMIT, di cui all’epoca era amministratore delegato. Poco dopo il crollo di Wall Street la banca era stata nazionalizzata e con l’implementazione delle leggi razziali del 1938 sarebbe stato legalmente impossibile per i circa 70 dipendenti ebrei conservare il proprio impiego. Mattioli, però, era determinato a trovare un modo per aiutarli.
Un esempio su tutti è il caso di Antonello Gerbi, nominato da Mattioli capo del dipartimento di ricerca della COMIT nel 1932. L’amministratore delegato decise che il modo migliore per proteggerlo era richiedere un visto a suo nome per un viaggio in Perù.
Il motivo ufficiale: Gerbi vi avrebbe lavorato in distacco al Banco Italiano di Lima (istituto di cui la COMIT possedeva una piccola quota), dove avrebbe collaborato a un importante progetto di ricerca sull’economia peruviana. Gerbi salpò da Genova nell’ottobre 1938 e iniziò a lavorare un mese dopo.
Come tutti i dipendenti ebrei della COMIT, fu ufficialmente licenziato nel febbraio 1939, ma venne immediatamente assunto a tempo indeterminato dal Banco Italiano. Dopo la guerra, Mattioli riassegnò all’ex collega tornato in Italia il suo precedente ruolo al dipartimento di ricerca.
Con lo stesso stratagemma, Mattioli aiutò il direttore centrale della COMIT, Giorgio Di Veroli, trasferendolo a New York. Inoltre, fece in modo che alla maggior parte dei dipendenti ebrei della banca che non emigravano fosse garantito un pensionamento anticipato con generosi pacchetti finanziari. Non per niente Mattioli si definiva con grande orgoglio “un ebreo onorario”.
Molti dei dettagli sulle sue reazioni alle leggi razziali italiane si possono trovare nell’Archivio Storico di Intesa Sanpaolo.
Negli ultimi anni, i suoi archivisti hanno inventariato e pubblicato i documenti di Mattioli. “Non si tratta solo della memoria aziendale del nostro Gruppo bancario, ma di un bene culturale pubblico dal valore inestimabile”, ha dichiarato Barbara Costa, responsabile dell’Archivio Storico di Intesa Sanpaolo.
Costa ha prodotto un video di 10 minuti su Mattioli intitolato “L’attività di Raffaele Mattioli a contrasto delle persecuzioni antisemite, attraverso le fonti dell’Archivio Storico di Intesa Sanpaolo”.
“L’archivio ci permette di ricostruire le molte azioni compiute da Raffaele Mattioli per salvare gli ebrei italiani”, ha continuato la Costa. “Ha fatto tutto ciò che era umanamente possibile per salvare vite innocenti e mezzi di sussistenza in pericolo, soppesando tutti i rischi per aiutare molte persone prima che fosse troppo tardi.”
Guarda il video di Barbara Costa sulla vita e il lavoro di Mattioli:
- Assistere le imprese per favorirne la crescita, considerando le attività di investimento in un'ottica propulsiva e non meramente speculativa. Mattioli credeva nella funzione della banca a supporto delle imprese per favorirne lo sviluppo, aiutandole a pensare in grande, a compiere salti di qualità e dimensione, contribuendo così allo sviluppo economico del Paese. Rifiutava una sovraesposizione del sistema finanziario e una concezione del denaro per il denaro.
Mattioli ha anche percepito le difficoltà genetiche e strutturali del capitalismo italiano, povero di mezzi propri e poco autosufficiente, e credeva per questo nella necessità di un aiuto dello Stato: da qui l'idea dell'IRI, istituzione durata circa settant'anni. - Il valore dello studio dell’economia, con l’ufficio studi della Comit che fu il più brillante centro di elaborazione delle analisi economiche, affidato ad Antonello Gerbi e posto alle dirette dipendenze degli amministratori delegati.
- La cultura: nel 1938 Mattioli rilevò la casa editrice Riccardo Ricciardi di Napoli, che nel periodo bellico ha dato alle stampe numerose opere di Benedetto Croce. Nel 1947, presso l’abitazione e la biblioteca di Benedetto Croce a Napoli, aprì l’Istituto italiano per gli studi storici, di cui, dopo Croce, divenne presidente: una scuola di alti studi post laurea con borse di studio conferite a giovani ricercatori italiani e stranieri che ha contribuito a formare un'intera generazione di storici di rilievo nazionale ed internazionale. Durante il fascismo e successivamente, Mattioli sostenne editori e riviste letterarie e, proprio dove aveva sede la Banca Commerciale, in piazza Scala a Milano, sono sorte le Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo.
Data ultimo aggiornamento 27 gennaio 2022 alle ore 18:13:00