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IL 40% DEGLI IMPRENDITORI NORDESTINI UTILIZZA LE FORME CONTRATTUALI INTRODOTTE DALLA LEGGE BIAGI

• L’applicazione della Legge Biagi determina una riduzione del costo della manodopera per oltre il 70% degli imprenditori
• Il ricorso all’utilizzo delle forme di lavoro tipiche della “Legge 30” soprattutto per esigenze di tipo organizzativo
• Panzarini: “Rilanciare la produttività del lavoro attraverso investimenti in ricerca ed innovazione”
• Il campione è composto da 1000 titolari di imprese attive nelle regioni Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige

Padova, 23 maggio 2008 – Negli ultimi cinque anni, da quando cioè è stata introdotta la legge Biagi, circa il 40% degli imprenditori nordestini è ricorso alle forme contrattuali introdotte dalla nuova normativa. Secondo il 70% del campione, inoltre, l’applicazione della riforma sul lavoro permette una riduzione del costo della manodopera. Lo si evince dall’indagine sulla “Legge Biagi nel Nord Est: lo stato dell’arte di una riforma dibattuta” promossa dalla Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e realizzata dalla Fondazione Nord Est che si è svolta nei primi quindici giorni di febbraio e ha visto protagonista un campione significativo composto da 1.000 titolari di imprese attive nelle regioni Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Le aziende selezionate appartengono a tutti i settori economici (industria, commercio, servizi alle imprese, servizi alle persone) e contano più di 10 dipendenti in organico.

I risultati della rilevazione dimostrano come il ricorso alle forme contrattuali introdotte dalla cosidetta “Legge 30” non abbia riguardato una percentuale elevata di imprese. Va sottolineato, tuttavia, che le differenti forme contrattuali previste dalla Riforma Biagi sono utilizzate in modo diseguale a seconda del tipo di contratto preso in considerazione. In particolare, le formule del job sharing e del job on call sono adottate rispettivamente appena dall’1 e dal 4% delle aziende, ma la percentuale sale al 18% nel caso dei Co.Co.Pro e raggiunge il 40% per l’interinale.

Gli imprenditori decidono di ricorrere all’utilizzo delle forme di lavoro tipiche della “Legge 30” soprattutto per esigenze di tipo organizzativo, ma appare determinante anche il fattore costo, specie nel caso dei contratti di apprendistato e di inserimento. Per quanto riguarda invece la sottoscrizione dei Co.Co.Pro, nel 63% dei casi la motivazione si riconduce a un’esigenza aziendale, ma per ben il 22,9% (il dato più rilevante) è da attribuire a motivazioni personali del lavoratore.

Il 30,6% degli imprenditori, inoltre, dichiara di aver adottato almeno una volta le opportunità offerte dal contratto di apprendistato professionalizzante, mentre il 7,1% è ricorso ai contratti di inserimento. Il 18,3% delle imprese infine ha sperimentato le collaborazioni continuative a progetto. Forme contrattuali più note, come la somministrazione a tempo determinato e a tempo indeterminato (quest’ultima abrogata a fine 2007), sono invece state scelte dal 39% del campione intervistato.

Sul fronte dei risultati, infine, emerge che il 70% degli imprenditori ritiene che l’introduzione della Legge 30 comporti una riduzione del costo della manodopera. Secondo gli intervistati sono invece scarsi i riscontri positivi su flessibilizzazione del mercato del lavoro, creazione di nuovi posti e aiuto ai giovani.

Nel caso in cui non usufruiscano della Legge Biagi, gli imprenditori intervistati dichiarano che la causa è, nell’84% dei casi, un mancato interesse nei confronti delle nuove forme contrattuali, mentre per il 15% si tratta di difficoltà di ordine burocratico (5% nel caso dello staff leasing e 10% per i Co.Co.Pro).

“Sono sempre più importanti gli investimenti in ricerca e innovazione per rilanciare la produttività del lavoro – dichiara Rinaldo Panzarini, direttore generale Cariparo – Oltre al costo, sarà la qualità del lavoro il campo su cui si giocherà la sfida competitiva aziendale. Flessibilità del lavoro e meritocrazia dovranno essere i fattori chiave su cui puntare per migliorare la produttività.”
“Ad oggi, in Cariparo – conclude il direttore generale – abbiamo applicato per i nuovi inserimenti l’apprendistato professionalizzante con 162 contratti pari al 5,2% dell’organico. Questo tipo di contratto, che spesso è propedeutico ad un inserimento a tempo indeterminato, punta ad una formazione di carattere trasversale, basata su competenze organizzative ed economiche.”


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