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Economia

Le donne tra lavoro agile e impegni familiari

Una ricerca della Fondazione Bellisario accende i riflettori sulla nuova condizione femminile

In tempi di Covid, la nostra abitazione è diventata l’hub, il crocevia di ogni operazione: il lavoro degli adulti (smart working), lo studio dei figli (e-learning), l’assistenza agli anziani, i lavori domestici e chi più ne ha più ne metta. E siccome purtroppo sono le donne a farsi carico maggiormente delle questioni casalinghe tradizionali, ecco una nuova equazione davvero semplice: Covid=più lavoro per le donne.

A fare il punto sulla situazione è la Fondazione Marisa Bellisario, con la quale Intesa Sanpaolo collabora da anni attraverso il sostegno di diverse iniziative, e che da sempre si impegna per assicurare la parità di genere nel nostro Paese. La situazione per molte donne resta difficile, come dimostra lo studio realizzato dalla Fondazione Bellisario, con l’aiuto di Euromedia Research, che analizza gli effetti socio economici della pandemia su due universi “paralleli”: da una parte un campione rappresentativo della popolazione femminile italiana maggiorenne e lavoratrice; dall’altra 350 lavoratrici aderenti alla Fondazione Bellisario. I risultati di questo doppio campionamento sono a volte molto simili, ma spesso assai distanti.

Quasi il 60% delle donne che lavorano, in entrambi i casi, lo sta facendo da casa in modalità smart working, ma le associate alla Fondazione sono più presenti sul luogo di lavoro abituale (37% contro 25%), mentre l’universo delle donne lavoratrici risulta più debole, con l’11,3% in cassa integrazione e il 4,5% che ha perso il lavoro a causa dell’epidemia (siamo al 3% e all’1,6% nel caso delle donne della Fondazione).

Dovendo lavorare da casa, il 51% delle donne ha dovuto mantenere a suo carico i lavori domestici e la cura di figli e anziani, anche se una percentuale importante (43%) ha diviso questi compiti con il compagno/marito. Bassissima (1,2%) la percentuale di donne che ha potuto avvalersi di un aiuto esterno (colf, badanti, baby sitter). Quest’ultimo dato balza invece al 14,4% per le donne della Fondazione, con la conseguente diminuzione di chi ha dovuto farsi carico - da sola o assieme al compagno/marito – di ogni incombenza.

Detto questo, lo smart working raccoglie comunque un ampio consenso dai due campioni, che danno un voto di piena sufficienza (7,3) in entrambi i casi. Anche se dietro quel voto sostanzialmente uguale si nascondono motivazioni piuttosto diverse.

Durante la quarantena una buona parte delle donne intervistate (39,7% che sale al 53% per la Fondazione) dichiara di avere avuto un carico di lavoro maggiore del solito e in entrambi i casi una percentuale elevatissima di loro, intorno al 70%, ritiene che nel medio periodo questa organizzazione delle attività diventerà un elemento stabile all’interno delle aziende e del loro lavoro. Altissima, l’80%, l’intenzione di fare richiesta di smart working se la propria azienda lo applicasse su base volontaria. Per venire incontro alle esigenze di molte lavoratrici che devono occuparsi anche dei figli, le donne vorrebbero che le loro aziende riorganizzassero la fase lavorativa con la possibilità di usare lo smart working uno o più giorni alla settimana, ma pensano anche (il 20% circa) all’introduzione in azienda di servizi per la famiglia e alla modifica dei tradizionali orari di lavoro, sia in entrata che in uscita. I desideri naturalmente si scontrano con la realtà dei fatti. Oltre la metà delle intervistate, che salgono addirittura al 66% nel caso delle associate alla Fondazione, dichiara che la propria azienda attualmente non è in possesso di una struttura che possa offrire servizi ad esempio di asilo nido ed esprime dubbi sul fatto che sarebbe in grado di introdurli in futuro.

La questione dei figli, inutile dirlo, per una donna spesso fa la differenza e anche la questione dello studio è diventata un’incombenza in più da gestire, come dimostrano questi numeri:

Tiepido il gradimento al bonus babysitter introdotto dal Governo nel decreto rilancio, mentre il 60% delle donne apprezzerebbe la possibilità di tenere i ragazzi in strutture educative prima della riapertura delle scuole a settembre. Altissima (dal 74% del campione generico all’88% della Fondazione) la risposta favorevole a un’ipotesi di rimodulare scuola e doposcuola per permettere ai genitori di gestire senza grandi spese aggiuntive il tempo dei figli nell’arco di tutto l’anno.

Ma per migliorare l’efficienza e l’efficacia di organizzazioni e istituzioni sarebbe necessaria una maggiore presenza femminile con ruoli di coordinamento e comando. Ne è convinto il 51% delle donne italiane e lo pensa l’81% delle donne della Fondazione Bellisario. E invece c’è un certo pessimismo sul futuro, dato che la maggior parte di loro ritiene che l’emergenza Covid avrà dei risvolti negativi sulla condizione femminile. Servono servizi per l’infanzia, sussidi di disoccupazione per le donne, maggiormente esposte alla perdita del posto di lavoro, e fondi e incentivi per la creazione di nuove attività femminili.

Metà del campione ritiene anche che in futuro i loro consumi si assesteranno su livelli più bassi del periodo pre-Covid. La fiducia nel futuro è scarsa per le donne in generale (33%) anche se il pessimismo si riduce molto nella Fondazione (9%). Basse aspettative sul supporto che istituzioni centrali e locali potranno garantire. Per ripartire, meglio scommettere sulle proprie capacità creative professionali e imprenditoriali, una convinzione che arriva quasi all’80% tra le donne della Fondazione.

Intesa Sanpaolo, come primo datore di lavoro privato e banca a servizio del Paese vuole fare a sua parte. Per noi è un impegno continuo sia sul fronte esterno che su quello interno. Il Piano d’Impresa 2018-2021, ad esempio, pone l’accento sui temi dell’equità di genere, definendo l’introduzione nel sistema di valutazione di circa 900 nostri manager dell’obiettivo Diversity & Inclusion: valorizzazione del talento femminile. In Intesa Sanpaolo il talento non ha genere: il 53% dei dipendenti è donna e nella categoria Dirigenti e Quadri Direttivi le donne rappresentano quasi il 40%.

È necessario valorizzare tutte le competenze perché in un’organizzazione favorire la diversità permette di avere un approccio più completo per affrontare le nuove sfide. E questo lo stiamo facendo: entro l’anno adotteremo una policy di diversity and inclusion per favorire comportamenti attivi positivi a tutti i livelli dell’organizzazione e quindi l’emergere del talento femminile.

Paola Angeletti, Chief Operating Officer Intesa Sanpaolo

Inoltre per incentivare e premiare le aziende che si spendono per le donne, collaboriamo da tempo con la Fondazione Bellisario, ad esempio con il «Premio Women Value Company - Intesa Sanpaolo»,  un riconoscimento alle piccole e medie imprese che si distinguono nella gestione della gender diversity, attraverso politiche di sviluppo innovative e inclusive, promozione delle carriere femminili e soluzioni efficaci di welfare aziendale. La convinzione è che la valorizzazione del talento femminile e della parità di genere, non sia solo un dovere nei confronti delle donne, ma anche una chiave di successo strategica che rende le imprese più competitive.

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