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Banco di Napoli

Il Banco di Napoli trae origine dai banchi pubblici dei luoghi pii, sorti a Napoli tra il XVI e il XVII secolo.
Una delle prime opere pie a svolgere attività bancaria fu il Monte di Pietà fondato nel 1539, con lo scopo filantropico del prestito su pegno senza interessi. Più tardi, il Monte aprì una cassa di depositi, che fu riconosciuta con bando vicereale nel 1584.

In seguito, si attivarono altri sette istituti: il Sacro Monte e Banco dei Poveri (1600); il Banco Ave Gratia Plena o della Santissima Annunziata (1587); il Banco di Santa Maria del Popolo (1589); il Banco dello Spirito Santo (1590); il Banco di Sant'Eligio (1592); il Banco di San Giacomo e Vittoria (1597); il Banco del Santissimo  Salvatore (1640). Gli otto banchi prosperarono per oltre due secoli.

Nel 1794, Ferdinando IV di Borbone riunì tutti i pubblici banchi in un Banco Nazionale di Napoli. Nel dicembre del 1808, Gioacchino Murat divenuto re di Napoli, tentò di creare un banco sotto forma di società per azioni sul modello della Banca di Francia.

Il nuovo istituto, che assunse la denominazione di Banco delle Due Sicilie, che attraverso la Cassa di Corte e la Cassa dei Privati, avrebbe dovuto esplicare le stesse funzioni dei banchi soppressi.

Con l'Unità d'Italia nel 1861, il Banco delle Due Sicilie divenne Banco di Napoli. A far data dal 1861 il Banco di Napoli, nonostante tutte le difficoltà derivanti dal nuovo assetto istituzionale e politico del Paese, moltiplicò la sua attività, intensificando i suoi rapporti con il mondo economico privato. Oltre alla istituzione di una Cassa di Risparmio, annessa in seguito alla sua Azienda Bancaria, il Banco di Napoli incrementò, in pochissimi anni, il suo patrimonio e aprì proprie dipendenze a Firenze (1867), Roma (1871) e Milano (1872).

Riuscì ad accreditare la carta di sua emissione, divenendo il secondo Istituto di credito del regno. Ciò favorì il processo di penetrazione nell'economia e nella società a favore delle categorie più industriose del Paese. Il Banco di Napoli sovvenzionò, a più riprese, l'economia napoletana e meridionale sostenendola nei periodi di maggiore necessità. Finanziò la trasformazione dell'agricoltura meridionale da cerealicola in specializzata e la maggior parte dei vigneti ed agrumeti delle regioni meridionali si avvalse dei prestiti concessi dalla Sezione di Credito Agrario del Banco.

L'anno 1901 segna la prima esperienza all'estero del Banco: viene istituito a New York un ispettorato con il compito di agevolare le rimesse degli emigrati. In seguito, nel 1907 si trasforma in Ufficio e nel 1909 diviene Agenzia.

Fino al decreto del 6 maggio 1926 il Banco di Napoli è istituto di emissione; da quella data è definito Istituto di Credito di Diritto Pubblico. Nel 9 maggio 1940, con la guerra alle porte, si fa appena in tempo ad inaugurare la nuova sede della Direzione Generale in via Roma, costruita nell'anno precedente in occasione del IV centenario della fondazione del Banco. Nel 1989 viene registrato il nuovo logo del Banco di Napoli.

Nel 1991 si attua la "Legge Amato" di trasformazione da Istituto di Diritto Pubblico a Società per Azioni. Nel corso degli anni l'Azienda si è sempre confrontata con l'economia del territorio in cui opera, rispecchiandone l'andamento, le peculiarità e anche le contraddizioni.

A fine 2002, per effetto della fusione per incorporazione in Sanpaolo IMI, il Banco è stato assorbito dalla Capogruppo. Il 1° luglio 2003 è stato perfezionato lo scorporo che ha dato vita ad una nuova Banca con propria personalità giuridica, denominata Sanpaolo Banco di Napoli S.p.A., che opera nelle quattro regioni meridionali Campania, Puglia, Basilicata e Calabria. Persiste così quel forte radicamento nel Mezzogiorno del Paese che ha contrassegnato la vita del vecchio Banco di Napoli. Una grande banca, quindi, in un grande Gruppo, volta ad esprimere grande competitività ed a porre in atto importanti sinergie a tutto vantaggio del tessuto economico circostante.

Il 22 ottobre del 2007 la banca ritorna alla sua denominazione originaria Banco di Napoli.  

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