Messina: Superare gli spread che frenano la crescita del Paese
L'Italia sta attraversando “una fase di rallentamento economico non di recessione”, i suoi “fondamentali sono molto forti”, ma deve superare gli spread che frenano le possibilità di sviluppo: il debito eccessivo, la formazione carente, i ritardi nella ricerca. Carlo Messina, consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, ha svolto una lectio magistralis agli studenti di Scienze Sociali di Firenze, un incontro promosso dall’Università e dalla Fondazione CariFirenze, parlando delle grandi questioni italiane e delle enormi potenzialità, in parte ancora inespresse, del nostro sistema economico.
“Per l’Italia ci vuole più Europa, non possiamo isolarci. Anche i Paesi forti da soli non possono competere con Usa e Cina”.
“A frenare il Paese non è solo lo spread tra Bund e Btp” ha detto Messina, ma altri fattori storici, quasi endemici del nostro sistema economico che pregiudicano il raggiungimento di ambiziosi obiettivi di crescita e progresso sociale. L’Italia “è la più grande macchina produttiva del continente, quinto esportatore al mondo e secondo in Europa”, con questa forza non può permettersi “il deficit incredibile in capacità di formazione e nel numero di laureati”. E la responsabilità è del debito esorbitante che ci trascinano dietro come un fardello pesantissimo: “La spesa per formazione in Italia è uguale a quella per gli interessi passivi” argomenta Messina, “chi dice che il costo del debito non è un problema ragiona solo suo breve periodo perché queste risorse in un Paese normale dovrebbero essere destinate a capitale umano, tecnologia, innovazione”. Per il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo con la forza del nostro sistema produttivo e del risparmio delle famiglie, di circa 10 miliardi di euro, “lo spread dovrebbe coerente dovrebbe posizionarsi non su 250 punti base bensì su 150”. Da cosa dipende questo differenziale eccessivo che pesa sull’Italia? “Il differenziale dipende dalla fiducia degli investitori internazionali e, così come è possibile rapidamente perderla, la si può riconquistare” ha spiegato.
Ci sono, poi, altri deficit strutturali come quello su investimenti e ricerca - “In pochi anni abbiamo accumulato una distanza dalla Germania di oltre 150 miliardi -, e lo stesso rilievo vale anche per la produttività. Messina, inoltre, sostiene che va affrontato il problema delle dimensioni delle imprese, mediamente limitato per competere e svilupparsi, e accelerata “la valorizzazione del talento femminile: senza tale deficit il Pil crescerebbe del 10%”.
Per superare queste debolezze l’Italia dovrebbe puntare a “più Europa, perché i singoli Paesi, anche forti, non possono competere con Stati Uniti e Cina”. Su questo fronte “pensare di poter essere slegati da Parigi è un errore clamoroso” ha osservato Messina facendo riferimento alle tensioni tra il governo italiano e la Francia.
Ribadito l’apprezzamento per il ruolo delle fondazioni nella stabilità degli assetti azionari delle banche, Messina ha concluso il suo intervento ricordando il ruolo di Intesa Sanpaolo, qualunque sia il governo in carica, come motore dell’economia reale: “Abbiamo il dovere di accelerare lo sviluppo del Paese. Siamo il maggior detentore di titoli di Stato italiani, eroghiamo 50 miliardi all’anno di crediti a medio lungo termine e abbiamo finanziato le imprese con 440 miliardi, siamo il più grande gestore di risparmi del Paese e la prima Impact Bank al mondo”.
Marzo 2019