Italia: industria resiliente, almeno sino ad agosto
La produzione industriale ha registrato un aumento superiore a ogni più rosea previsione ad agosto (+2,3% m/m, dopo il +0,5% di luglio). L'indice destagionalizzato della produzione risulta ora superiore del 3,9% rispetto al livello pre-Covid (febbraio 2020), ed è tornato anche al di sopra dei livelli pre-bellici (+1,1% rispetto a febbraio 2022).
Su base annua, la produzione è rimbalzata al 2,9% da un precedente -1,3% (sui dati corretti per gli effetti di calendario).
L'aumento registrato nel mese è stato guidato dai beni di consumo, che sono rimbalzati del 2,6% m/m dopo essere calati in ciascuno dei tre mesi precedenti (tuttavia, i durevoli sono scesi per il terzo mese di fila). I beni strumentali sono cresciuti dell'1,8% m/m dopo il 2,1% di luglio. Anche i beni intermedi hanno visto un aumento (0,8%), mentre la produzione nel settore energetico è scesa per il secondo mese (-2,3% m/m). Su base annua, i beni di consumo sono ancora trainanti (8,6% a/a), mentre i beni intermedi restano in calo tendenziale (-1,4%).
Il dettaglio per settore però è misto, e non univocamente positivo. Da un lato, alcuni comparti mostrano una crescita annua molto ampia (farmaceutica +51%, computer ed elettronica +31%, tessile e abbigliamento +20,9%). Dall’altro lato, in deciso calo rispetto a un anno prima troviamo, non a caso, i settori più energivori: chimica (-14,6%), metalli (-11,3%) e gomma e plastica (-4,3%).
La produzione industriale è ora in rotta per un aumento marginale nel 3° trimestre (0,3% t/t, in caso di stabilità a settembre). Tuttavia, i dati di agosto sono tipicamente molto volatili (in quanto molto influenzati dalle tempistiche delle chiusure delle fabbriche per ferie), e non vanno perciò a nostro avviso eccessivamente enfatizzati. In ogni caso, il parziale allentamento delle strozzature dal lato dell'offerta suggerito dalle indagini (almeno fino ad agosto) potrebbe aver avuto un ruolo nel favorire un aumento della produzione in luglio e agosto. Tuttavia, sospettiamo che l’output possa essere tornato a calare a settembre. Soprattutto, le indagini suggeriscono che il peggio deve ancora venire, in particolare nei settori ad alta intensità energetica (il cui trend potrebbe essere anticipatore rispetto a quello della maggior parte degli altri comparti).
In sintesi, l’industria sinora si è mostrata più resiliente rispetto a quanto era lecito attendersi sulla base dell’entità dello shock sulle materie prime nei mesi primaverili ed estivi, sia perché le imprese industriali hanno potuto far fronte allo shock partendo da elevati livelli di profitti e liquidità accumulati nell’ultimo anno e mezzo, nonché di ordini “accumulati”, sia perché gli effetti “a valle” dei rincari energetici sono in qualche modo “ritardati” dai meccanismi di fissazione dei prezzi (per la presenza di contratti a lungo termine e, specie per le grandi imprese, di strumenti di hedging).
In ogni caso, a nostro avviso, l’impatto potrebbe essere solo rimandato. Dopo una sostanziale stagnazione nei mesi estivi, continuiamo ad aspettarci una contrazione del PIL su base congiunturale nei prossimi trimestri, verosimilmente tra fine 2022 e la prima parte del 2023, quando ci aspettiamo un picco per i prezzi del gas naturale. A nostro avviso, i rischi sull'attività economica, sia nel settore industriale che sull’attività economica in generale, restano orientati al ribasso.
Commento di Paolo Mameli, senior economist della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo
Data ultimo aggiornamento 14 ottobre 2022 alle ore 17:38:28