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Italia: rimbalza la produzione industriale a febbraio

Italia: rimbalza la produzione industriale a febbraio

A febbraio, la produzione industriale italiana è cresciuta del 4% m/m, dopo il crollo di -3,4% m/m registrato a gennaio. Il rimbalzo è stato più forte sia delle attese di consenso (1% m/m) che della nostra stima, più ottimistica (1,7%). Pur non avendo recuperato pienamente la caduta vista tra dicembre e gennaio, l’output nell’industria è tornato al di sopra dei livelli di febbraio 2020 (+2,5%, contro un +0,7% registrato in Spagna e cali di oltre -4,5% in Germania e Francia). La crescita tendenziale è salita al 3,3% dal -2,7% precedente (in termini corretti per gli effetti di calendario), anche se il confronto annuo è viziato dal fatto che nei primi mesi del 2021 erano in vigore ancora significative restrizioni alle attività economiche e alla mobilità.

Il rimbalzo di febbraio è diffuso a tutte le principali componenti (come d’altra parte era stato il calo di gennaio). I beni durevoli sono stati trainanti sia sul mese (7,8% m/m, dopo il -1,1% di gennaio e il -4,8% di dicembre) che su base annua (6,9%). I settori più vivaci sono stati nel mese le apparecchiature elettriche (7,2% m/m) e sull’anno il comparto della raffinazione (16,8% a/a). Tra le industrie trainanti troviamo anche quella tessile (9,6% m/m, 11,7% a/a). Gli unici settori in calo nel mese sono il farmaceutico (-5,7% m/m) e le attività minerarie ed estrattive (-9,3% m/m), cui si aggiunge, sull’anno, la fabbricazione di articoli in gomma, materie plastiche e altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-5,7% a/a).

In sintesi, il rimbalzo di febbraio, così come il calo di gennaio, appare pressoché interamente dovuto all’evoluzione dell’ondata pandemica, che aveva raggiunto un picco nelle prime settimane dell’anno e poi si è ridotta significativamente. Sfortunatamente, il recupero dell’attività produttiva dovrebbe rivelarsi effimero, in quanto a partire da marzo cominceranno a pesare gli effetti della guerra in Ucraina, in particolare attraverso il canale dell’impennata dei prezzi delle materie prime. Le indagini a marzo hanno mostrato un crollo delle aspettative delle imprese sull’economia, e ulteriori rincari dei costi degli input. Inoltre, la guerra potrebbe esacerbare i già preesistenti problemi nelle catene di trasporto e approvvigionamento, e, negli scenari più severi, causare un razionamento dell’energia: tutto ciò non potrà non frenare l’attività nel settore industriale nei prossimi mesi; viceversa, i servizi appaiono più resilienti, e sembrano poter beneficiare di ulteriori margini di recupero post-pandemico.

Nonostante l’ampio rimbalzo di febbraio, la produzione industriale è in rotta per una contrazione nel 1° trimestre (-1% t/t), il che suggerisce che il contributo del settore al valore aggiunto sia stato negativo nei mesi iniziali dell’anno. Poiché ci attendiamo che l’output torni a flettere, in misura anche considerevole, a marzo, la flessione della produzione industriale nel 1° trimestre potrebbe essere di entità superiore al punto percentuale, accentuando il freno al PIL. Soprattutto, ciò inciderebbe anche sulle prospettive per il trimestre in corso, mettendo a rischio il recupero atteso dopo un inizio d’anno negativo.

Insomma, gli sviluppi recenti segnalano rischi al ribasso sulla nostra stima di una contrazione solo lieve del PIL nel 1° trimestre (-0,1% t/t), seguita da una ripresa nel trimestre in corso (dell’ordine di mezzo punto percentuale). Sia il nostro modello di nowcasting che l’indice settimanale di attività economica della Banca d’Italia segnalano che la flessione dell’attività economica a inizio anno potrebbe essere stata più accentuata. I primi dati ad alta frequenza disponibili per aprile sono coerenti con una ripresa del PIL nel 2° trimestre, ma i rischi sono ancora al ribasso.

In seguito all'invasione russa dell'Ucraina, abbiamo rivisto la nostra previsione sulla crescita del PIL italiano quest’anno, al 3% (dal 4,3% precedente). Questa stima è all'incirca in linea con le ultime proiezioni del Governo (2,9% nel quadro tendenziale, 3,1% in quello programmatico). Tuttavia, anche dopo la recente revisione, continuiamo a pensare che i rischi sullo scenario restino al ribasso sulla crescita (e al rialzo sull’inflazione).

Commento di Paolo Mameli, senior economist Direzione Studie e Ricerche di Intesa Sanpaolo

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