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Italia: sale la fiducia di famiglie e imprese dei servizi

Italia: sale la fiducia di famiglie e imprese dei servizi

A settembre, le indagini Istat registrano un miglioramento sia per la fiducia dei consumatori che per l’indice di morale composito delle aziende (IESI), sostenuto soprattutto dai servizi, in presenza di un ulteriore calo del sentiment delle imprese manifatturiere e delle costruzioni.

La fiducia dei consumatori è rimbalzata più del previsto, a 98,3 dopo il calo a 96,1 di agosto (rimanendo comunque al di sotto del 98,9 di luglio). Il dettaglio delle componenti mostra che il miglioramento è diffuso, ma è trainato più dalla condizione personale degli intervistati che dal clima nazionale, e più dai giudizi sulla situazione corrente che dalle aspettative per il futuro. Si nota un progresso delle valutazioni sia correnti che prospettiche sulla situazione economica delle famiglie e sulle possibilità di risparmio, nonché sulle opportunità attuali all'acquisto di beni durevoli. L’unica nota non positiva viene da un ulteriore (moderato) aumento dei timori di disoccupazione, che, pure (a 20,5, da 19 precedente), restano storicamente contenuti. Si nota anche una salita sia dei giudizi che delle attese sull'andamento dei prezzi (da 90,7 a 104,5, e da -6 a 0,4, rispettivamente).

L’indice IESI (clima composito di fiducia delle aziende) à salito a 95,7 da 94,7 precedente, toccando un massimo dallo scorso aprile. Il progresso è trainato dai servizi, dove il morale sale (per il secondo mese di fila) da 98 a 100,6, tornando ai valori dello scorso marzo (e il miglioramento è diffuso a tutte le componenti dell’indagine). In recupero anche (più moderato) la fiducia delle imprese del commercio al dettaglio, da 101,5 a 102,3, ma in questo caso le indicazioni sono più sfumate, perché le aziende segnalano giudizi sulle vendite in miglioramento ma attese in diminuzione, e le scorte sono considerate in accumulo.

Nel manifatturiero, l’indice di fiducia delle aziende è calato per il secondo mese (più del previsto), sia pur lievemente, da 87 a 86,7: si tratta di un nuovo minimo da novembre 2020. Peggiorano per il secondo mese le valutazioni sugli ordini correnti, affossate dalle commesse dall’estero, che toccano un nuovo minimo da novembre 2020. In calo anche le valutazioni correnti sulla produzione, mentre le attese sia sull’output che gli ordinativi sono poco variate (restando in territorio moderatamente positivo). Meno negative le aspettative sull’economia (ai massimi da marzo), e le intenzioni di assunzione tornano in territorio positivo (a 1,6 da -0,1 precedente), ai massimi da maggio. I prezzi di vendita attesi sono tornati a salire, a 5,9 da 5, ai massimi da maggio dello scorso anno. La flessione del morale è dovuta ai produttori di beni strumentali (84,7 da 86 precedente), mentre migliora lievemente la fiducia tra i produttori di beni di consumo e intermedi.

In sintesi, le indagini di settembre risultano moderatamente migliori del previsto, e di quanto visto negli altri maggiori Paesi dell’Eurozona. L’industria resta in recessione (come altrove), e le costruzioni confermano l’atteso rallentamento dovuto all’esaurirsi del sostengo fiscale. Tuttavia, i servizi sembrano continuare a sostenere l’attività economica complessiva. Meno convincenti i segnali di recupero dal commercio al dettaglio, anche se il miglioramento del morale dei consumatori sarebbe compatibile con un trend di graduale rafforzamento della spesa delle famiglie (che però sembra continuare a rivolgersi verso i consumi di servizi piuttosto che di beni).

Nel complesso, in questa fase i rischi al ribasso sulla crescita che si stanno materializzando in Germania e Francia sembrano meno marcati in Italia, soprattutto perché i servizi mantengono un ritmo di espansione tale da compensare la debolezza dell’industria. Guardando all’ultima parte del 2024 e soprattutto al 2025, sembrano ancora in vigore le condizioni per vedere non solo una ripartenza dei consumi grazie al recupero (al momento non ancora pieno) del potere d’acquisto perso durante lo shock inflazionistico, ma anche degli investimenti, grazie alla recente entrata in vigore degli incentivi fiscali del pacchetto “Transizione 5.0”, e alla graduale accelerazione nei flussi di spesa effettiva (soprattutto sul versante delle opere infrastrutturali) finanziati dal PNRR. Viceversa, sono in netto aumento i rischi al ribasso sull’export.

In prospettiva, confermiamo la nostra stima di moderata ripresa del PIL nel 2025, dell’ordine di 1,2%, dopo lo 0,7% atteso quest’anno. La resilienza della crescita, favorendo un buon dinamismo delle entrate, consentirà verosimilmente al Governo di ridurre più velocemente del previsto il deficit l’anno prossimo: secondo fonti di stampa, il “piano strutturale di bilancio” aggiornato, che dovrebbe tornare in Consiglio dei Ministri domani, potrebbe includere un target sul disavanzo 2025 al 3,2% del PIL (dal 3,7% a legislazione vigente previsto lo scorso aprile).

Commento di Paolo Mameli, senior economist del Research Department di Intesa Sanpaolo

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