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Imprese Vincenti 2021: Agroalimentare

La nuova Direzione Agribusiness interlocutore qualificato per accompagnare lo sviluppo delle filiere agroalimentari e zootecniche

Intesa Sanpaolo ha lanciato la terza edizione di “Imprese Vincenti”, il programma grazie al quale le PMI italiane vengono inserite in percorsi di valorizzazione, visibilità e supporto allo sviluppo, advisory su competenze strategiche, formazione e workshop.

Le imprese sono definite “vincenti” perché - nonostante la crisi dovuta alla Pandemia da COVID-19 - sono state capaci di crescere, mantenere posti di lavoro, attuare trasformazioni digitali, organizzative e di business e attivare soluzioni ad elevata sostenibilità sul piano economico-sociale e ambientale.

L’edizione 2021 del Digital Tour di Imprese Vincenti è composta da tappe tematiche che rappresentano i capisaldi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR):

La quarta tappa del Digital Tour di “Imprese Vincenti” è dedicata all’Agroalimentare.
Clicca qui per vedere il video di apertura del digital tour di Imprese Vincenti 2021.

Le Imprese Vincenti nell’Agroalimentare

Nella quarta tappa del digital tour, le 14 “Imprese Vincenti” del settore Agroalimentare sono state presentate raccontandone storia d’impresa e le scelte strategiche: Agras Delic (Milano), F.lli Passarella (Vicenza),  G.E.I. (Torino), Integrus (Treviso), Italiana Confetti (Napoli), La Zootecnica Group (Pavia), LBG Sicilia (Ragusa), Molino Filippini (Lecco), Nutravant (Bari), O.R.T.O. Verde (Ancona), OP COPLA (Latina), Ponte Reale (Caserta), Surgital (Ravenna) e Urbani Tartufi (Perugia).
Premio speciale per la Biotesoro (Matera) e la Boselli Nullo e Marcello (Parma).

L’Italia è al terzo posto per valore aggiunto tra i paesi europei (dopo Francia e Germania) e al quarto in termini di occupati nell'Agroalimentare, superata da Romania e Polonia (oltre che Germania), paesi a vocazione fortemente agricola. Nell’Agrifood italiano, che contribuisce per il 12% al totale valore aggiunto europeo del settore, lavora il 9% dei lavoratori europei, distribuiti per circa due terzi nel primario a monte e per circa un terzo nella trasformazione.

La produzione agro-alimentare italiana è caratterizzata, da un lato, da una maggior specializzazione in prodotti ad elevato valore aggiunto, e dall’altra (a parità di produzioni), da prodotti di maggiore qualità. Con un totale di 875 Cibi e Vini certificati, il nostro Paese è il primo in Europa per prodotti DOP, IGP e STG. A livello economico, secondo le ultime stime dell'Osservatorio Ismea-Qualivita, la “DOP economy” in Italia vale oltre 17 miliardi di euro.

La ricerca della qualità che caratterizza la produzione agro-alimentare italiana ha portato anche ad incrementare l’attenzione al biologico. L'agricoltura biologica non è solo una risposta valida al bisogno di sicurezza alimentare dei consumatori, ma sta dimostrando di poter contribuire alla definizione della strategia per attenuare gli effetti dei cambiamenti climatici[1]. L’Italia in questo campo è tra i leader europei: i terreni destinati alle coltivazioni biologiche convertiti o in corso di conversione sono quasi 2 milioni di ettari, un’estensione di poco inferiore a Francia e Spagna, ma in percentuale molto maggiore (il 15,2%) sulla superficie agricola utilizzata.

La produzione italiana è sostenuta da marchi e brand prestigiosi che portano in sé valori culturali, sociali e ambientali riconosciuti in tutto il mondo. Ciò ha portato ad un incremento della propensione all’export del settore agro-alimentare italiano negli ultimi anni anche se è necessario fare un “distinguo” tra lato agricolo e industria alimentare. La produzione agricola nazionale non è sufficiente a soddisfare sia i consumi domestici che la domanda dell’industria alimentare, pertanto il miglioramento del saldo commerciale dell’industria alimentare ha portato specularmente ad un deficit sul lato agricolo. Tuttavia, il crescente successo sui mercati internazionali - trainato dal vino - ha portato già dal 2019 in positivo la bilancia commerciale complessiva dell’agro-alimentare italiano, e nel 2020 l’avanzo commerciale si è consolidato portandosi a oltre 3 miliardi di euro rispetto agli 0,5 del 2019 (+10,8 il saldo dell’industria alimentare a fronte di un deficit sul lato agricolo di -7,5 miliardi).

A livello globale, l’Italia è il sesto esportatore per i settori dell’alimentare e delle bevande, con una quota di mercato (calcolata a dollari correnti) che raggiunge nel 2019 il 4%. L’attenzione alle produzioni di qualità e la numerosità delle produzioni tipiche certificate DOP e IGP spinge tuttavia molto più in alto il posizionamento dell’Italia nella fascia “top di gamma”: se limitassimo l’analisi alle produzioni in fascia alta, l’Italia guadagnerebbe la quarta posizione mondiale. In quasi tutte le filiere, infatti, la quota di mercato dell’Italia nella fascia alta è maggiore rispetto a quella totale, in particolar modo nella pasta e prodotti da forno, dove la quota totale nel commercio mondiale dell’11,3%, sale al 14,9% nelle produzioni “premium”. Altra filiera dov’è particolarmente evidente il posizionamento dell’Italia nell’alta gamma è quella dei formaggi, dove la quota del 4,7% arriva al 12% nella fascia alta. Unica eccezione in senso opposto è quella delle bevande, dove l’Italia guadagna invece la leadership a livello mondiale nella fascia bassa, grazie al grande successo internazionale delle bollicine italiane.

Il settore alimentare è stato tra i meno colpiti dalla crisi: il fatturato deflazionato del settore è calato solo dell’1,4% nel 2020 (-0,6% a prezzi correnti), risultato ottenuto anche grazie al contributo dell’export, che è lievemente cresciuto lo scorso anno, segnando un progresso di 500 milioni lo scorso anno (+1,2% tendenziale), mentre quasi tutti gli altri settori (tranne la farmaceutica) registravano cifre in rosso.

Per il prossimo futuro, le prospettive di domanda rimangono favorevoli, sia in Italia che sui mercati internazionali, e le aziende italiane potranno continuare a contare sul mix di tradizione e innovazione che ha sostenuto il successo del food Made in Italy. Secondo un’indagine condotta da Intesa Sanpaolo presso la rete dei gestori della Direzione Agri-business, sia per il settore agricoltura che per quello della trasformazione, le attese di oltre la metà dei gestori sono di un pieno recupero dei livelli di fatturato del 2019 già nel corso del 2021. In leggero ritardo le filiere più legate al mondo dell’Ho.re.ca come ittico, carni e salumi e vino.

Tra le sfide per il futuro nell’agro-alimentare italiano, in primis digitale, sostenibilità, biologico ed efficienza delle filiere: dall’indagine svolta da Intesa Sanpaolo presso la rete dei gestori emerge che il 12% delle imprese ha in programma investimenti in soluzioni digitali nel processo produttivo e l’11% dedicherà risorse all’e-commerce e al marketing digitale, mentre il 34% stanno ripensando le politiche di approvigionamento a favore di fornitori italiani. Per quanto riguarda la sostenibilità, l’agro-alimentare italiano ha fatto grandi progressi negli ultimi dieci anni: l’analisi dei dati Eurostat mostra una riduzione del 22% nelle emissioni di gas serra del settore (kg per euro di valore aggiunto). Inoltre, le aziende che hanno investito nel biologico hanno realizzato un maggior incremento di Ebitda (+29%) rispetto alle tradizionali,

L’agroalimentare nelle regioni italiane

La produzione agro-alimentare italiana è caratterizzata da un’elevata ricchezza e varietà, a sua volta espressione delle diverse specificità territoriali e tradizioni locali. Il contributo da parte delle regioni è molto variegato: da un lato, abbiamo regioni, come Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Sicilia, che, in termini di valore aggiunto agricolo, primeggiano anche in ambito europeo. Dall’altro lato, ci sono altre regioni che presentano un comparto agricolo con un contributo più contenuto a livello nazionale, ma che assume un peso specifico importante nell’economia locale (soprattutto nel Mezzogiorno, per un minor apporto relativo di altri settori, come ad esempio il manifatturiero). Le regioni del Mezzogiorno primeggiano anche in termini di numero di aziende attive nel settore: in Puglia, Sicilia, Calabria e Campania sono localizzate oltre 535mila aziende agricole, il 46% del totale italiano. Il Mezzogiorno fa anche da traino alla crescita delle superfici coltivate con metodo biologico: le regioni più “bio” sono Sicilia, Calabria e Puglia, che detengono il 47% dei terreni e il 53% delle aziende convertite al biologico.

Anche il settore a valle dell’industria alimentare e delle bevande e del tabacco si presenta estremamente variegato, e riprende quasi fedelmente la classifica regionale già vista per il comparto agricolo. In termini di generazione di valore aggiunto predominano le regioni del Nord come Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte; mentre le regioni del Mezzogiorno emergono per l’elevata specializzazione in termini di peso del settore sul totale del manifatturiero

Con i suoi 95 prodotti certificati, il Veneto è la regione italiana col maggior numero di Dop e Igp. Seguono Toscana e Piemonte, con 94 e 91 certificazioni, che primeggiano in particolare nei vini con rispettivamente 59 e 58 specialità tipiche; l’Emilia-Romagna invece è la regione con più prodotti certificati nella categoria Food (47). Prima regione del Mezzogiorno, la Sicilia, in sesta posizione con 73 produzioni.

[1] AIAB -Associazione italiana per l’Agricoltura Biologica: Il potenziale dell’agricoltura biologica italiana per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici https://www.aiablombardia.it/cambiamenticlimatici/

Video di apertura del digital tour di Imprese Vincenti 2021

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