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Cultura

Sutri. Triste, solitario y final: mostra di Vittorio Sgarbi

Vista di Palazzo Doebbing a Sutri
Vista di Palazzo Doebbing a Sutri

Dopo il fortunato allestimento, nel 2022, della Mostra “Eccentrici e Solitari” il Museo di Palazzo Doebbing, inserito nel caratteristico borgo laziale di Sutri, rilancia la propria originale proposta artistica con una nuova esposizione, anche questa volta curata da Vittorio Sgarbi, dal titolo Sutri. Triste, solitario y final.

Si viene a Sutri per vedere quello che altrove non si vede. L'arte non può essere abbandonata perché non c’è un momento in cui si possa rinunciare a rappresentare il mondo. E il mondo è dentro questi artisti, ognuno dei quali è lo specchio di una sensibilità diversa, triste, solitaria e finale. Finisce così una lunga stagione di proposte che ha rivelato artisti difficilmente visibili nei luoghi deputati per l’arte contemporanea. Scoperte e riscoperte che hanno caratterizzato sette edizioni di mostre.

Vittorio Sgarbi

La mostra, prodotta da Contemplazioni e di cui Intesa Sanpaolo è Partner, è visitabile dal 25 febbraio al 1° ottobre 2023 e costituisce la tappa finale e insieme esemplificativa del pluriennale percorso artistico-espositivo che ha visto una delle più antiche e splendenti perle di Tuscia, qual è la piccola grande Sutri, letteralmente invasa da turisti e amanti del bello, per ammirare le continue suggestioni e sollecitazioni d’arte proposte.

I protagonisti della mostra al Museo di Palazzo Doebbing

In esemplare coerenza con i dettami dell’intero percorso espositivo di questi anni, Sutri. Triste, solitario y final affida la propria forza e qualità a un’offerta capace d’imporsi oltre ogni schematismo scolastico, manierismo accademico e di tendenza, affidandosi alla maestria talvolta ancora poco conosciuta di artisti di grande talento, dai tratti espressivi molto peculiari e molto distanti l’uno dall’altro.
Diciassette i protagonisti in mostra: dalle raffigurazioni plastiche e solari del triestino Dyalma Stultus (Trieste, 1901 - Darfo Boario Terme, 1977), ai chilometri di pittura astratta e tormentata di Giuseppe “Pinot” Gallizio (Alba, 1902 - 1964); dalla leggerezza sarcastica, fantasiosa e preveggente di Benito Jacovitti (Termoli, 1923 - Roma, 1997), all’invenzione di un vero e proprio post-barocco calabrese incontenibile di Saverio Rotundo (Catanzaro, 1923 - 2019); dall’opera folgorante, intrisa di pathos di Bruno Canova (Bologna, 1925 - Lacco Ameno, 2012), alla ricerca di un assoluto e trascendente afflato artistico di Gianfranco Ferroni (Livorno, 1927 - Bergamo, 2001); dalla proposta visionaria ed esplorativa di un senso intimo di Folco Chiti Batelli (Firenze, 1932- 2011), alla rappresentazione liturgica della purezza dello spirito e della natura di Anne Donnelly (Belfast, 1932); dalla possibilità di dignità nel creato per ogni figura umana, in ogni anfratto del mondo, del newyorkese Simon Gaon (Manhattan, 1943), alla scultura che immortala e “mineralizza” l’umanità di Wolfgang Alexander Kossuth (Pfronten, 1947 - Milano 2009); dalla spiritualità inondata di luce di Marialuisa Tadei (Rimini, 1964), ai torsi titanici ed eroici di Filippo Dobrilla (Firenze, 1968 - Meldola, 2019); dall’arte toccante e composita - plexiglas trasparente ed opacizzato, legno, colore emaciato - di Marco Ferri (Tarquinia, 1968), al racconto pittorico del destino degli emigranti dall’Africa sulle coste siciliane tra Lampedusa e Gela di Giovanni Iudice, (Gela, 1970); dalle ironiche e, soprattutto, profondamente metaforiche installazioni-performances di Matteo Peretti (Roma, 1975), alla pittura barocca e ai potenti giochi di luce simbolici del caravaggista Roberto Ferri (Taranto, 1978), così come a quella fortemente realistica, avvolgente e coinvolgente di Emanuele Giuffrida (Gela, 1982).
 

Alcune delle opere in mostra

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