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Le commodities diventano strumento principe della competizione geopolitica

Le commodities diventano strumento principe della competizione geopolitica

9 ottobre 2025

La crisi dei vecchi modelli economici e geopolitici implica un nuovo, importantissimo ruolo per le materie prime: non più “semplici” input di processi produttivi, ma vere e proprie risorse strategiche utili per minacciare, indebolire gli avversari o al contrario ridurre la propria vulnerabilità verso decisioni politiche ed economiche di paesi terzi. Pensiamo all’importanza del tema energetico nel conflitto fra Russia e Ucraina, ma anche all’accumulo record di oro da parte delle banche centrali. E’ quanto emerge dal report trimestrale sulle commodities elaborato da Daniela Corsini, economista del Research Department di Intesa Sanpaolo specializzata in materie prime.

La crisi della globalizzazione probabilmente porterà ad una crescita del commercio mondiale più regionalizzata e più frammentata, poiché le decisioni economiche saranno guidate anche da considerazioni politiche e logistiche. Queste tendenze economiche e politiche avranno conseguenze dirette su spesa pubblica e investimenti, che sono destinati a crescere soprattutto per potenziare la difesa, la cybersecurity, sostenere l’intelligenza artificiale e favorire la generazione di energia elettrica, ma anche per rilocalizzare le catene di fornitura e gli impianti manufatturieri. Date queste dinamiche, in molti paesi, Stati Uniti in testa, il debito pubblico dovrebbe continuare a crescere sia come percentuale del Pil che come valore pro-capite. È quindi probabile che anche in futuro il costo del denaro possa mantenersi elevato, mantenendo i tassi di interesse ufficiali su livelli più alti rispetto a quanto atteso in precedenza.

Sui mercati delle materie prime, le implicazioni più evidenti di queste dinamiche di lungo periodo sono:

- un apprezzamento strutturale di oro e metalli preziosi (soprattutto argento e platino), che in qualità di beni rifugio e riserve di valore beneficiano direttamente sia dell’incertezza politica ed economica sia della debolezza delle fiat currency, dollaro in primis;

- un probabile aumento dei prezzi dei metalli industriali guidato da limiti all’offerta e crescita della domanda, spinta da investimenti in infrastrutture nei settori energetico, manufatturiero e logistico;

- un lento, ma inesorabile declino dei prezzi delle tradizionali fonti fossili, poiché dalla fine di questo decennio in poi la produzione di petrolio, gas naturale e carbone potrebbe persistentemente superare i consumi.

- una maggiore volatilità delle quotazioni delle merci agricole, la cui produzione è sempre più esposta sia al rischio di cambiamenti climatici ed eventi metereologici estremi che a quello di interventi protezionistici da parte dei governi, desiderosi di limitare le spinte inflazionistiche.

Nonostante le forti e continue tensioni geopolitiche, le quotazioni dei mercati azionari crescono, ma in parallelo prosegue anche la ricerca di strumenti finanziari che garantiscano protezione contro rischi esogeni o eventi inattesi e permettano un’efficace diversificazione a fronte di possibili crolli delle quotazioni degli asset di rischio: l’oro ha raggiunto nuovi record (ed è cresciuto di circa il 230% negli ultimi 10 anni), mentre l’argento è tornato ai massimi dal lontano 2011. Questa ricerca di protezione e diversificazione evidenzia che la tranquillità che ha sinora caratterizzato i mercati è solo apparente e che gli operatori sono ben consapevoli dei rischi che gravano sullo scenario geopolitico e sull’economia mondiale.

Il rally dell’oro contrasta, infatti, anche con lo scenario macroeconomico di base. Secondo le nostre stime, sia nel 2025 che nel 2026 la crescita economica mondiale dovrebbe mantenersi su livelli soddisfacenti, attestandosi vicino al 3% a/a nel corso del prossimo anno, grazie a un’espansione stabile negli Stati Uniti (+1,7% a/a in entrambi gli anni) e solo in lieve rallentamento in Europa e Cina (in calo dall’1,25 allo 0,9% e dal 4,6% al 4,3%, rispettivamente).

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