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Il personale della Pubblica Amministrazione alla prova del PNRR

Il personale della Pubblica Amministrazione alla prova del PNRR

I fabbisogni professionali e le prospettive occupazionali

Per l’attuazione dei progetti connessi al PNRR è richiesta un’adeguata capacità sia amministrativa che gestionale, tanto a livello di Amministrazione Centrale che di Amministrazioni Locali. Le singole Amministrazioni devono, infatti, occuparsi della realizzazione degli interventi, della gestione efficace delle risorse e dei controlli sulla regolarità delle procedure e delle spese.

Il personale della Pubblica Amministrazione si presenta all’appuntamento con livelli dimensionali più contenuti che in passato e con una struttura demografica tendenzialmente più anziana, esiti delle politiche di controllo della spesa degli ultimi anni.

Tra il 2008 e il 2020, le unità di lavoro equivalenti a tempo pieno si sono contratte di 267mila unità: nelle Amministrazioni locali il personale si è ridotto complessivamente, rispetto al 2008, di 161mila unità, pari ad una contrazione del 10,7%. Le Amministrazioni centrali, invece, hanno registrato una diminuzione più contenuta, del 4,4%.

I vincoli all’assunzione si sono tradotti anche in un invecchiamento del personale: nel 2019 gli occupati stabili della PA avevano 50 anni di media, nel 2009, invece, l’età media era di 46,9 anni; nel corso di un decennio l’aumento dell’età media è stato di oltre 3 anni.

Con riferimento ai titoli di studio si evidenzia che rispetto al complesso dell’occupazione, quella pubblica si differenzia per avere mediamente titoli di studio più elevati e concentrati in alcune tipologie di professionalità. Tradizionalmente le professionalità tecniche (ingegneria, architettura, urbanistica) risultano marginali (sono possedute solo da meno del 13% degli occupati laureati). Alcune misure di rafforzamento della capacità amministrativa sono state introdotte con il dl 80/2021 che prevede nuove modalità di reclutamento nonché la possibilità di derogare ad alcuni limiti contrattuali vigenti. Complessivamente, si prevedono quasi 28mila nuove assunzioni. I concorsi hanno cominciato ad essere banditi già nella seconda parte del 2021. La procedura per il conferimento dei 1000 incarichi di collaborazione a professionisti ed esperti a supporto delle Amministrazioni territoriali si è conclusa, ma non per tutte le figure è stato ricevuto un numero congruo di candidature.

Differenze di genere nel pubblico impiego

Il settore pubblico rappresenta, in Italia come nella maggioranza dei paesi occidentali, un importante datore di lavoro per le donne. Nei paesi OCSE il settore pubblico assume prevalentemente donne e il caso italiano non si discosta dalla media: oltre il 58% dell’occupazione pubblica nel 2019 era costituita da donne. Nel settore privato, invece, l’occupazione femminile è sottorappresentata (le donne costituiscono solo il 39% degli occupati), ciò fa sì che il settore pubblico rappresenti uno dei principali settori di impiego femminile. Nel 2020, un’occupata su cinque lavorava nel settore pubblico.

L’occupazione femminile è preponderante in alcuni settori ben specifici della Pubblica Amministrazione: l’istruzione, e in particolare nel comparto scuola (dove il 79% degli occupati è di genere femminile), e la sanità, dove le donne sono il 68% degli occupati.

La sovra-rappresentazione femminile evidenziatasi per il complesso del settore pubblico viene però meno quando si considerano i diversi ruoli svolti dal personale e, in particolare, la distinzione per categoria tra personale dirigente e non dirigente dove, intatti, la presenza femminile si riduce notevolmente.

I dati complessivi sintetizzano una ricca eterogeneità di situazioni, con differenze anche ampie tra territori e tipi di istituzioni: nelle Amministrazioni locali si evidenzia in maniera ancora più marcata il fenomeno della segregazione verticale. Tali statistiche suggeriscono come il settore pubblico abbia un ruolo di spicco anche come modello per l’introduzione di buone pratiche per la valorizzazione della forza lavoro femminile e per la riduzione dei divari di genere.

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