La fiducia è il nuovo valore dei Brand
Pandemia, insicurezza finanziaria, disuguaglianze economiche e razzismo: nell’ultimo anno e mezzo, il mondo ha dovuto affrontare queste quattro crisi globali contemporaneamente. Bisogni e priorità sono stati sovvertiti e i brand sono stati chiamati all’azione su tutti i livelli. Hanno dovuto rispondere alle aspettative altissime dei consumatori, che chiedevano alle aziende di colmare, almeno in parte, le lacune del settore pubblico. Quali sono le nuove istanze emergenti che, in questo processo di stravolgimento globale, le aziende e i CEO devono affrontare?
Offre delle risposte il “Trust. The new brand equity”, l’ultimo special report di Edelman, che analizza il grado di fiducia e le aspettative dei consumatori rispetto al ruolo di aziende private, governi, ONG e media. Lo studio si basa sui risultati di un’indagine globale, condotta tra maggio e giugno 2021, su un campione di 14.000 persone in 14 Paesi (Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Giappone, Sudafrica, Corea del Sud, Regno Unito, Stati Uniti, Messico, Emirati Arabi e Arabia Saudita).
Se all’inizio della pandemia, le persone chiedevano ai brand di aiutarli con prodotti e servizi accessibili, oggi la ricerca evidenzia un cambiamento nell’attitudine dei consumatori, che ritengono di avere il potere di cambiare un brand (63%) e intendono esercitarlo per rendere migliore la società (78%).
Durante la pandemia si è instaurata una sorta di dipendenza tra i consumatori e i brand, che ha reso la fiducia un elemento essenziale all’acquisto per l’88% delle persone, equiparandola così al valore e alla qualità del prodotto o servizio (89%) e rendendola più importante dell’amore verso il marchio stesso (81%).
Questo perché, in un’epoca segnata dalla crisi, la fiducia nei brand da cui si acquista è diventata più importante che in passato per il 68% del campione. Oggi la fiducia conta in tutti gli aspetti della vita (43%), è aumentata la consapevolezza dell’impatto dei brand sull’ambiente (36%) e sulla ripresa economica (31%), e le persone durante la pandemia si sono affidate ai brand per la loro sicurezza (32%).
La ricerca conferma la richiesta di azione sociale attiva da parte delle aziende, già presente nelle precedenti rilevazioni: l’86% del campione si aspetta che i brand agiscano oltre il loro business, cioè che rendano il mondo un posto migliore facendo donazioni per supportare buone cause, comunità locali, arte e cultura, evitando sempre la disinformazione.
C’è un’evoluzione, dal “me”, al “noi”. Durante la pandemia, nell’importanza del processo di acquisto, la sicurezza dei consumatori e dei dipendenti sono cresciute del 37%, diversamente dal miglioramento della propria immagine, dall’essere trendy e dal divertimento che sono scesi del 15%. Il pensiero sotteso è: “è più importante che i brand facciano del mondo un posto migliore, piuttosto che di me una persona migliore”.
La ricompensa per la fiducia corrisposta è elevata: il 61% dei rispondenti è disposto a parlare bene di un brand di cui ha piena fiducia, il 57% ad acquistare un nuovo prodotto o servizio, e il 31% a condividere dati personali o a partecipare ad attività sponsorizzate dal brand.
L’impegno dei brand per la società agisce come un moltiplicatore della propensione all’acquisto: la probabilità che i consumatori si rivolgano ad aziende impegnate nel sostegno alla salute o ai diritti umani è circa 4 volte e mezzo quella di un altro brand, 4 volte se si occupa del cambiamento climatico o di razzismo e 3 volte e mezzo se contribuisce alla riduzione delle disuguaglianze economiche.
Viceversa, in caso di perdita della fiducia, il 40% delle persone (50% tra gli high-income), sostiene di non comprare più da brand che pur ama.
Per consolidare il rapporto di fiducia coi propri clienti, i brand devono affrontare due aspetti fondamentali: il buon trattamento dei propri dipendenti, e la riapertura in sicurezza delle attività economiche.
Benvenuti in The Age of Trust.
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Data ultimo aggiornamento 26 luglio 2021 alle ore 11:31:50