Importanza della formazione scolastica dei figli
In questo periodo di crisi si sente spesso parlare della necessità di investire nel capitale umano, fattore strategico per il rilancio sia personale, sia generale per un Paese come l’Italia che, già prima della pandemia, soffriva di crescita asfittica e stagnazione economica. Investire nel capitale umano significa investire in competenze, in una buona istruzione, in una formazione completa sotto diversi aspetti. L’importanza di questo fattore per la crescita economica è dimostrata dai risultati brillanti di Giappone, Taiwan, Hong Kong, Corea del Sud e altre economie asiatiche in rapido sviluppo: Paesi privi di risorse naturali, che nonostante ciò sono riusciti a svilupparsi in tempi estremamente veloci e in misura significativa grazie a una forza lavoro istruita, aggiornata e laboriosa, anche grazie alle famiglie che si sono sempre occupate molto della formazione dei figli.
Istruzione e formazione promuovono la crescita e l’efficienza, e riducono anche la diseguaglianza e le conseguenze negative di un ambiente di provenienza svantaggiato. Per i giovani capaci e meno abbienti, l’istruzione è lo strumento più efficace per salire nella gerarchia economica.
Quali sono allora i progetti formativi delle famiglie italiane per i loro figli? Da un’indagine recentemente realizzata da Eumetra sugli investimenti delle famiglie italiane nella formazione dei figli dai 6 ai 18 anni, emerge l’assenza di progettazione di un percorso di crescita nella formazione dei ragazzi. La maggior parte delle famiglie fatica a definire un progetto formativo per i figli e, anche laddove esista un pensiero formativo, si fatica poi a trasformarlo in azioni concrete. Le vere discriminanti della progettualità sono solo parzialmente rappresentate dalla mancanza di disponibilità economiche: in realtà pesano soprattutto i fattori culturali e il principale limite delle famiglie sembra essere l’incapacità di sognare un progetto.
Secondo quanto emerge dalla ricerca, solo un terzo circa delle famiglie intervistate, infatti, ha in mente un progetto formativo (il resto del campione, circa il 65%, non ci ha ancora pensato) ed è abbastanza confidente che si possa realizzare. Il principale vincolo è rappresentato dalla mancanza di risorse economiche (43%), seguito dalla difficoltà di coinvolgere i figli nel progetto (26%) e da problemi di distanza (12%).
Alla modestia delle ambizioni corrisponde un comportamento pratico per cui gli investimenti nella formazione devono essere in linea con le possibilità della famiglia (54%) e sebbene gli studi universitari siano ritenuti importanti dalla quasi totalità del campione (92%), ci si accontenta che la facoltà prescelta abbia un qualche valore sul mercato del lavoro (65%); solo una minoranza (23%) identifica la necessità di scegliere università con livelli superiori alla media, anche a costo di sacrifici.
Per quanto riguarda le materie di una formazione ideale, le famiglie sono orientate verso una formazione linguistica e scientifica (31%), seguita da una tecnico-professionale (23%), umanistica (14%), sportiva (11%) e artistica (8%), mentre ben un terzo del campione lascia il figlio libero di scegliere, secondo un approccio ben lontano dalla ferrea progettualità delle “mamme tigri” del Far East.
La ricerca individua, in base all'approccio verso la progettualità della formazione dei figli, quattro tipologie di cluster:
- “ll figlio gioiello”: proviene da famiglie abitanti prevalentemente al Sud con un discreto reddito. È il segmento maggiormente orientato a investire sul proprio figlio, che deve essere il gioiello di famiglia e avere tutto il meglio, sia per lui, che per il prestigio della famiglia. Il progetto segue tuttavia le linee un po’ provinciali del prestigio e dell’apparenza: una scuola privata, o un’università privata prestigiosa del Nord Italia sono considerate soluzioni adatte, ma l’esibitività sociale sembra più importante degli aspetti relativi alla qualità effettiva del progetto di formazione. I riferimenti nella corsa sociale sono il successo dei figli delle famiglie amiche, a riprova del fatto che il progetto di rivalsa sociale è più della mamma/papà, che condiviso con i figli.
- Il “fare il massimo con meno”: è un cluster pragmatico, con la concentrazione femminile più alta e di età più giovane (con conseguenti figli più piccoli), senza troppe disponibilità economiche. Sono donne con le idee ben chiare in testa, ma il loro approccio di base è molto prudente. Capiscono l’importanza della formazione, anche alla luce della sempre maggiore competizione, e per questo fanno grandi progetti per i loro figli, ma non sempre hanno speranza che si realizzino. In ogni caso, cercano di fare del loro meglio in base alle loro possibilità, a volte riuscendo a farli frequentare anche scuole private. Dei 4 gruppi, questo è il più pragmatico: meglio poche attività nelle quali eccellere (nel suo piccolo, il vero gruppo “cinese”), che tante attività che spesso non ci si può permettere. In questa logica sono contemplati anche programmi (come l’esperienza all'estero), ritenuti troppo costosi e che richiedono soluzioni, anche di credito.
- Il gruppo “Basta che sia contento lui”- Questo è il gruppo con la concentrazione maschile maggiore, una età più matura e con una prole più vicina alla maggiore età. Non ha un vero e proprio progetto da perseguire per i figli, non crede nell'importanza della buona formazione e forse, proprio per questo motivo, non si aspetta grandi cose dai suoi figli. La pigrizia mentale di fondo, la modestia delle idee e forse anche qualche scontro adolescenziale (hanno i figli più grandi e di certo più contro-dipendenti) li potrebbe aver convinti che un eccesso di proattività sia inutile. L’unica progettualità condivisa sembra concentrata sulle tematiche sportive, le uniche che risultano di poco sopra la media del campione. Gli altri percorsi devono svolgersi senza troppi sacrifici di sorta, economici di tempo e di energie.
- “Piccolo mondo… antico”: di questo cluster fanno parte le famiglie abitanti nei piccoli centri, con reddito medio-basso e figli grandi. Non sono molto interessati alla formazione dei propri figli, e lasciano scegliere a loro. Si tratta di un gruppo che ammette chiaramente da subito che la formazione dei figli non è una priorità e accetta di agire di conseguenza. Hanno poche aspettative e di conseguenza stimolano poco i propri figli, che risultano infatti i meno attivi al di fuori dell’orario scolastico. Il loro piccolo mondo continua a vivere, senza badare molto ai movimenti globali o anche solo nazionali.
Dalla ricerca emerge quindi la necessità di creare le premesse per consulenze in grado di migliorare la strategia della famiglia nella crescita del capitale umano dei figli.
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Data ultimo aggiornamento 5 novembre 2024 alle ore 17:33:49