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Imprese Vincenti 2021: Internazionalizzazione

Assistenza qualificata, formazione e informazione sulle opportunità di sviluppo all’estero delle PMI, anche per conoscere partner internazionali

Intesa Sanpaolo ha lanciato la terza edizione di “Imprese Vincenti”, il programma grazie al quale le PMI italiane vengono inserite in percorsi di valorizzazione, visibilità e supporto allo sviluppo, advisory su competenze strategiche, formazione e workshop.

Le imprese sono definite “vincenti” perché - nonostante la crisi dovuta alla Pandemia da COVID-19 - sono state capaci di crescere, mantenere posti di lavoro, attuare trasformazioni digitali, organizzative e di business e attivare soluzioni ad elevata sostenibilità sul piano economico-sociale e ambientale.

L’edizione 2021 del Digital Tour di Imprese Vincenti è composta da tappe tematiche che rappresentano i capisaldi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR):

La seconda tappa del Digital Tour di “Imprese Vincenti” è dedicata all’Internazionalizzazione, quale motore di crescita dell’industria italiana.
Clicca qui per vedere il video di apertura del digital tour di Imprese Vincenti 2021.

Le Imprese Vincenti per Internazionalizzazione

Nella seconda tappa del digital tour, le 14 “Imprese Vincenti” per Internazionalizzazione sono state presentate raccontandone storia d’impresa e scelte strategiche che le hanno portate a consolidare il proprio percorso di sviluppo: Caen Els (Viareggio), Coolshop (Torino),  Degrea (Padova), Del Morino (Arezzo), Elleci (Latina), Esse-Ci (Padova), Esteco (Trieste), Global Display Solutions (Vicenza),  Gottifredi Maffioli (Novara), ICS (Pavia), Kronn (Padova),  Mario Bongio (Novara), Teco (Trani) e Val Giovanni e Figli (Torino).

L'analisi della Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo sull'Internazionalizzazione

Il 50% del saldo manifatturiero italiano è generato dal solo settore della Meccanica, seguito da alcuni settori di punta del Made in Italy quali Sistema moda (con un 24% di incidenza sul saldo 2019), Prodotti in metallo (10,4%), Alimentare e bevande (8,1%) e Mobili (7,6%).

In termini di propensione all’export, invece, ovvero di rapporto tra il valore delle esportazioni e la produzione, spicca su tutti il settore farmaceutico, divenuto ormai un hub di riferimento per la produzione farmaceutica europea, dove si concentrano gli investimenti di importanti gruppi multinazionali. Di rilievo anche il grado di apertura estera del Largo consumo, che include i prodotti per la detergenza e la cosmesi, dell’Elettronica e degli Elettrodomestici, ben superiore al 48% medio del manifatturiero nazionale.

La performance dell’Italia sui mercati esteri è frutto, innanzitutto, di una elevata diversificazione di prodotto delle esportazioni manifatturiere, decisamente superiore a quella che caratterizza i principali concorrenti europei e mondiali. 

Inoltre, in un contesto internazionale complesso, che negli ultimi dieci anni ha visto spostarsi il baricentro della produzione industriale verso l’Asia, l’Italia emerge come il paese manifatturiero europeo che, nel confronto con Germania, Francia e Spagna, è riuscito ad aumentare di più il proprio raggio di esportazione (+418 Km, dai 2.995 medi del 2008).

L’incidenza dei flussi di merci destinate all’Europa Occidentale è infatti diminuita nel tempo, pur continuando a restare la quota prevalente sulle esportazioni complessive di prodotti manifatturieri, sia in Italia (49,4%) sia negli altri tre paesi concorrenti europei, legati da solidi vincoli produttivi oltre che da un’area di libero scambio. 

Contestualmente, si è assistito ad un aumento del peso dell’export di beni manufatti verso paesi geograficamente più lontani, come quelli del NAFTA, dell’Asia, del Nord Africa-Medio Oriente e dell’America Latina.

Questa buona capacità di reazione del manifatturiero italiano di fronte ai mutamenti del commercio mondiale è risultata premiante anche nel corso del 2020, nel cogliere le opportunità di ripresa del ciclo economico una volta accantonata la fase più acuta dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Stati Uniti e Asia, infatti, sono le due aree che su tutte hanno guidato la ripresa dell’economia internazionale nella seconda metà dello scorso anno, davanti a un’Europa in marcia a più velocità per effetto del protrarsi dei contagi e di una campagna vaccinale condotta con tempistiche differenti nei paesi dell’Area.

Il contributo del canale estero sarà cruciale anche per la crescita dell’industria italiana nei prossimi anni. La propensione all’export dei settori manifatturieri è destinata ad aumentare da qui al 2025, raggiungendo una media del 50%.

Determinante nel raggiungere questo traguardo sarà anche il preservare solidi legami produttivi con gli altri player mondiali, in particolare con i paesi europei, che alimentano un forte interscambio di input e lavorazioni intermedie interno all’Area. I principali player manifatturieri dell’Eurozona presentano, infatti, catene del valore saldamente integrate tra loro, dove emerge un contributo importante degli altri stati membri maturi ed emergenti.

La competitività dell’Italia sui mercati internazionali continuerà a giocarsi, infine, anche attraverso gli investimenti esteri.

Tra le mete prescelte per dar vita a controllate estere emergono Stati Uniti (pesano il 24,3% sul fatturato totale delle controllate estere italiane, pari a 546,2 miliardi di euro), Germania (10,8%), Francia e Spagna. In termini di numero di addetti e imprese attive spiccano però anche alcuni mercati emergenti, quali Brasile, Cina e i paesi dell’Est Europa (Romania, Polonia), con un peso preponderante, in questi ultimi, degli investimenti nel settore manifatturiero.                                              

I brillanti risultati ottenuti sui mercati internazionali si spiegano con la forza dei territori, che presentano un’intensa vocazione industriale e possono contare su un’ampia diversificazione produttiva.

A livello regionale spiccano le regioni del Nord-Est, con ai primi tre posti Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia e Veneto,tutte con una propensione all’export vicina al 45%. Seguono al quarto posto una regione del Centro, la Toscana, e al quinto una del Nord-Ovest, il Piemonte. Per dinamica si sono messe in evidenza Emilia-Romagna, Toscana (grazie al traino della filiera della pelle), Basilicata (trainante l’automotive) e il Lazio (grazie alla farmaceutica). Le regioni Trentino-Alto Adige, Sardegna e Valle d’Aosta si collocano invece a metà della classifica, e al di sotto della media nazionale, a causa di una maggiore vocazione ai servizi e al turismo in particolare.

Nel periodo che va dal 2008 al 2019 un buon contributo all’aumento delle esportazioni italiane (+111,3 miliardi) è venuto appunto da Veneto (+15,1 miliardi di export tra il 2008 e il 2019), Piemonte (+9 miliardi di euro) e Trentino-Alto Adige (+2,9 miliardi di euro).

Nel Veneto i due terzi della crescita sono riconducibili alle maggiori esportazioni di Agro-alimentare (+3,4 miliardi di euro), Meccanica (+3,3 miliardi di euro), Biomedicale e Occhialeria (+1,9 miliardi di euro) e Articoli in pelle (+1,6 miliardi). In Piemonte le vendite all’estero negli ultimi undici anni sono cresciute di più nei settori dell’Agro-alimentare (+2,9 miliardi di euro), della Gioielleria (+1,7 miliardi di euro), della Meccanica (+1,4 miliardi di euro) e della Chimica (1,1 miliardi di euro, comprensivo della Cosmetica). Anche in Trentino-Alto Adige il primo comparto per incremento registrato nelle vendite all’estero tra il 2008 e il 2019 è quello dell’Agro-Alimentare (+679 milioni di euro), seguito da Automotive (+619 milioni di euro), Meccanica (+391), Prodotti in metallo ed Elettrotecnica. 

Al contempo, si è assistito a una crescita quasi generalizzata del raggio d’azione delle esportazioni delle regioni italiane. Solo la Toscana è andata in controtendenza, a causa del balzo dei flussi di prodotti in pelle diretti in Svizzera, rilevante polo logistico per un’importante multinazionale della moda attiva a Firenze. In undici anni la distanza media dell’export è salita di 242 chilometri in Veneto, 511 in Piemonte, 161 in Trentino Alto-Adige, 218 in Sardegna e 361 in Valle d’Aosta.

La pandemia ha causato un forte calo dell’export, diffuso a tutti i territori italiani. Hanno mostrato una maggiore resilienza il Veneto (-8,2%) e il Trentino Alto-Adige (-7,9%), grazie soprattutto al contributo rispettivamente della Farmaceutica e dell’Agro-alimentare. Più penalizzato il Piemonte (-12,7%) anche a seguito del forte calo delle esportazioni dell’Automotive.

Le indicazioni disponibili per il 2021 evidenziano un significativo rimbalzo dell’export italiano nella prima metà dell’anno (+24,2% tendenziale) e un recupero pieno di quanto perso lo scorso anno (+4,1% rispetto alla prima parte del 2019). Si è assistito a una crescita generalizzata delle esportazioni anche a livello regionale: in particolare, Molise, Calabria, Toscana, Piemonte, Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia, Umbria, Campania e Sicilia hanno saputo recuperare e superare i livelli delle esportazioni registrati nel periodo antecedente alla pandemia.

Più nel dettaglio, in Veneto (+23,8% rispetto al primo semestre del 2020, +5% rispetto al 2019) sono state particolarmente trainanti le vendite di Metalmeccanica, Elettrodomestici e Mobili. Performance positive anche in Trentino-Alto Adige (+27,6% la variazione tendenziale, +10,4% la variazione rispetto ai livelli pre-Covid) grazie alle maggiori vendite dei principali settori in cui la regione esporta: Metalmeccanica, Automotive e Agro-alimentare. In Piemonte, le esportazioni del primo semestre (+29,5% rispetto allo stesso periodo del 2020, +0,7% rispetto al 2019) sono cresciute grazie alle buone performance della Metalmeccanica, dell’Automotive e della filiera Agro-alimentare. Export in aumento anche in Valle d’Aosta (+31,3%), anche se rispetto al primo semestre 2019 si registra ancora un calo del 8,5%: la Metallurgia, il principale settore esportatore, è cresciuta sui mercati esteri rispetto al primo semestre 2020, ma non ha ancora recuperato i livelli pre-Covid.

Bene invece l’Automotive, in crescita costante. L’incremento tendenziale dell’export a livello regionale segna poi il primato della Sardegna (+53,1%), risultato fortemente condizionato dalla presenza del settore della raffinazione del petrolio, che rappresenta oltre il 70% delle esportazioni dell’isola. Anche al netto di questo si apprezza un’intensa crescita delle vendite all’estero (+42,5%), tuttavia permane ancora un piccolo gap rispetto al periodo pre-pandemia (-0,9%).

In prospettiva, la propensione all’export delle regioni italiane è destinata ad aumentare in maniera generalizzata, proseguendo il percorso di crescita solo interrotto nel 2020. Maggiori opportunità saranno presenti per i territori già fortemente attivi all’estero, grazie anche a un già buono radicamento commerciale. Le regioni più in ritardo e, in particolare quelle del Mezzogiorno, hanno però un potenziale di sviluppo significativo, soprattutto nel settore agro-alimentare, ma anche in settori a medio-alta e alta tecnologia, come la meccanica, l’aerospazio, l’ICT e la farmaceutica, dove sono presenti importanti aree di specializzazione (come la Meccatronica del Barese, l’ICT di Catania, la Farmaceutica di Napoli, la Farmaceutica di Catania, l’Aerospazio pugliese, l’Aerospazio campano). 

Video di apertura del digital tour di Imprese Vincenti 2021

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