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Economia

L'effetto del Covid sull'occupazione femminile: Italia e USA a confronto

Il Covid ha acuito i mali dell'occupazione femminile in Italia e USA ma anche fornito qualche buona occasione: è quanto emerge dagli studi effettuati da Fondazione Bellisario e McKinsey nei due Paesi. Un confronto tra le due realtà, in collaborazione con Linkiesta.

L’occupazione femminile è uno dei grandi problemi dell’Italia: le donne lavorano poco, con contratti mediamente più precari e con salari più bassi rispetto a quelli degli uomini.
Questa differenza si è acuita con la pandemia. A dicembre 2020, in Italia, 101mila persone hanno perso il lavoro, 99mila di queste sono donne. Un numero impressionante, che fa riflettere sulle difficoltà dell’Italia nel riuscire a dare pari opportunità.
Questi problemi emergono anche da uno studio realizzato dalla Fondazione Bellisario, con l’aiuto di Euromedia Research. La fondazione ha analizzato gli effetti socio economici della pandemia su due universi “paralleli”: da una parte un campione rappresentativo della popolazione femminile italiana maggiorenne e lavoratrice; dall’altra 350 lavoratrici aderenti alla Fondazione Bellisario. I risultati di questo doppio campionamento sono a volte molto simili, ma spesso assai distanti.
Quasi il 60% delle donne che lavorano, in entrambi i casi, lo sta facendo da casa in modalità smart working, ma le associate alla Fondazione sono più presenti sul luogo di lavoro abituale (37% contro 25%), mentre l’universo delle donne lavoratrici risulta più debole, con l’11,3% in cassa integrazione e il 4,5% che ha perso il lavoro a causa dell’epidemia (siamo al 3% e all’1,6% nel caso delle donne della Fondazione).
Detto questo, il lavoro da remoto raccoglie comunque un ampio consenso dai due campioni, che danno un voto di piena sufficienza (7,3) in entrambi i casi. Anche se dietro quel voto sostanzialmente uguale si nascondono motivazioni piuttosto diverse.
Durante la quarantena una buona parte delle donne intervistate (39,7% che sale al 53% per la Fondazione) dichiara di avere avuto un carico di lavoro maggiore del solito e in entrambi i casi una percentuale elevatissima di loro, intorno al 70%, ritiene che nel medio periodo questa organizzazione delle attività diventerà un elemento stabile all’interno delle aziende e del loro lavoro.
Tendenze non molto diverse si riscontrano anche negli Stati Uniti.
 

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Scenari 2021. Prospettive sul presente

Il lavoro femminile

07:46

La tendenza negli Stati Uniti


Come scrive Amy Bernstein, giornalista del New York Times, nel suo contributo per Linkiesta Forecast, questa difficoltà si riscontra anche in altri paesi, e in particolare negli Stati Uniti.
Il lavoro da remoto e la necessità di continuare a tenere in ordine le proprie case, diventate improvvisamente anche la “scuola” dei figli, costretti a seguire le lezioni a distanza, hanno caricato le donne di nuove responsabilità, nuove “mansioni”.

Quando le donne devono destreggiarsi tra la loro giornata di lavoro in azienda e una quota sproporzionata di lavori domestici e di impegno nell’accudimento della famiglia, la situazione diventa presto difficile.

Un report annuale sulle donne e il loro posto di lavoro – compilato dalla società di consulenza manageriale McKinsey & Company e dalla non profit LeanIn.org, che si occupa della condizioni professionali delle donne – ha mostrato l’impatto negativo sugli Stati Uniti della pandemia e della recessione che l’ha accompagnata

La probabilità di aver perso il proprio posto di lavoro è più alta per le donne, e in particolare per le donne di colore. Insomma, quello che è accaduto in Italia lo scorso dicembre non è un caso isolato.
E, per quanto riguarda le donne che un’occupazione ce l’hanno ancora, le strutture che prima rendevano possibile lavorare e, nello stesso tempo, prendersi cura della famiglia, si sono sgretolate.
Le scuole, per esempio, sono passate alla didattica a distanza o a quella mista, costringendo molte mamme che lavorano a impegnarsi come assistenti all’insegnamento e, contemporaneamente, a occuparsi delle proprie responsabilità professionali.
Secondo il report, negli Stati Uniti una donna su quattro sta pensando di allentare il proprio impegno professionale o di lasciare del tutto il lavoro. E una simile tendenza minaccia di disfare anni di miglioramenti conquistati dalle donne nei luoghi di lavoro.
È una strada pericolosa, perché negli ultimi vent’anni l’occupazione femminile ha fatto passi da gigante nel mondo occidentale, e i governi dovrebbero quindi fare di tutto per evitare che su questi temi le lancette degli orologi tornino indietro.
A questo si aggiunge la difficoltà psicologica di chi non ha più potuto lavorare in questo anno complicato. Perché se è vero che per molti gli aiuti pubblici sono stati fondamentali, e hanno permesso di continuare a fare la spesa senza problemi, è altrettanto certo che stare a casa senza far nulla può essere molto duro.
Per chi ha percezione di sé inestricabilmente legata al loro lavoro, non lavorare può infliggere un colpo esistenziale.
È un aspetto forse sottovalutato ma importantissimo soprattutto per chi lavora nel terzo settore o in ambienti particolarmente creativi: lo stipendio è soltanto una variabile tra le molte che ci rendono felici.

Il work-life balance nel lavoro da remoto: vecchie abitudini e nuove occasioni

In ogni modo, la situazione non è necessariamente soltanto critica. Per quanto la nuova realtà sia stata brutale, c’è stata anche qualche piccola benedizione. Milioni di noi non devono più avere a che fare con il supplizio del pendolarismo e i luoghi di lavoro sono diventati molto più flessibili nella loro organizzazione delle attività, e questa è un cambiamento destinato a restare.

Certo, ha i suoi lati negativi, probabilmente si lavora di più e non si è pagati di più: ma questo ed è esattamente questa una battaglia che possono condurre le donne nel prossimo futuro.
Anche perché l’antica venerazione per il “lavoratore ideale” sta subendo un duro colpo. L’idea che il dipendente di maggior valore sia quello che contribuisce con il maggior numero di ore, è sempre disponibile e dà la priorità alla sua professione rispetto a ogni altra cosa non ha mai avuto molto senso per la gran parte delle donne che lavorano, che, dopo tutto, hanno sempre dovuto fare le acrobazie tra le responsabilità in ufficio e quelle a casa.

Una lezione che dovremmo tutti imparare dalle crisi del 2020 è che per le donne è arrivato il momento in cui calibrare le loro aspettative sulle loro aspirazioni – e non su qualche antiquato modello esterno – e per i datori di lavoro di rispettare questo diritto.

Il 2020, per concludere, è stato un anno difficile per tutti. Per le donne, ha significato molte cose: alcuni problemi si sono acuiti, le perdite di posti di lavoro sono state molte, la fatica a tratti insopportabile

Ma come tutte le crisi, la pandemia e il 2021 possono offrire delle occasioni per mettere definitivamente in soffitta alcune pessime abitudini e rendere durature importanti conquiste sulla flessibilità del proprio lavoro
Non stiamo tornando alla “normalità”, dice Amy Bernstein. E forse questa è una buona cosa.
 

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