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Economia

Export agroalimentare italiano: le opportunità da cogliere nel 2021

Le opportunità da cogliere per l'export agroalimentare italiano nel 2021, nonostante la pandemia, secondo Anna Prandoni, giornalista esperta di gastronomia. Un approfondimento in collaborazione con Linkiesta.

 

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Scenari 2021. Prospettive sul presente

La ripartenza del cibo Made in Italy

09:35


Il cibo è una delle prime ricchezze dell’Italia. Non è uno slogan nuovo, ma è sempre più azzeccato, come sottolinea la giornalista esperta di gastronomia Anna Prandoni nella sua riflessione sul mondo del food per Linkiesta Forecast. Così come non è nuovo il comparto che va più forte: l’export.

In Italia il settore raggiunge i 538 miliardi di euro, quasi un quarto del PIL, e comprende la filiera agroalimentare estesa, dai campi, agli scaffali e alla ristorazione. Se parliamo di export agroalimentare, quello italiano ha raggiunto i 43 miliardi di euro e il trend è in continua crescita. Esportiamo principalmente in Germania, Francia, Stati Uniti, Regno Unito e Giappone, ma il cibo italiano è richiesto ovunque, ed è sinonimo di qualità

La Germania e la Francia sono i primi acquirenti per quasi tutti i prodotti, gli Stati Uniti amano vini, acque minerali e oli, la Spagna il nostro pesce fresco. Il Regno Unito è al secondo posto per frutta e ortaggi lavorati e conservati e per gelati, l’Austria al terzo per cereali e riso. 

I prodotti alimentari italiani più venduti all’estero

In assoluto, i prodotti alimentari italiani più esportati sono vino, cioccolato, caffè, dolciumi, pasta, pane e farinacei, frutta e ortaggi lavorati e conservati, prodotti del latte ma anche salumi. La pasta italiana, dopo il record di 2,6 miliardi di euro in esportazioni nel 2019, a marzo 2020 ha fatto registrare un ulteriore aumento nelle vendite all’estero del 21%, con 97 mila tonnellate esportate in più, di cui 72 mila sui mercati comunitari. 

L’export di vino italiano nel 2020

Positivo contro ogni aspettativa anche il risultato del vino, con una crescita del 5,1% sui mercati extra europei nel primo quadrimestre 2020. Sono numeri che fanno riflettere: come cambieranno le dinamiche dell’export agroalimentare italiano dopo la pandemia?

È possibile immaginare che si rialzerà prima e sarà competitivo chi investirà in sostenibilità, digitale e comunicazione, e chi saprà adattarsi ai gusti e alle abitudini dei paesi da conquistare, cercando di conoscerli bene e puntando ad avere un significativo sostegno pubblico. Per scrivere il suo articolo Anna Prandoni ha chiacchierato con molti protagonisti del settore, e c’è un concetto che torna spesso: la parola rinascimento.

Orientamento al mercato e accordi commerciali driver di sviluppo dell’export

L’orientamento al mercato è forse il tema determinante: il 2021 è l’anno nel quale imparare a comunicare diversamente, e soprattutto comprendere che bisogna adeguarsi al Paese in cui esportiamo, per cogliere gli aspetti caratteristici di ciascun mercato.

Certo, non può mancare un sostegno istituzionale, e in questo potremmo prendere come riferimento gli accordi commerciali fatti con il Canada o con il Giappone, che stanno dando ottimi risultati in termini economici e di riconoscibilità.

Il peso di Italian soundig e contraffazione

L’Italian sounding, cioè il tentativo di imitare nel nome e nell’etichette i nostri prodotti di eccellenza, cercando di vendere invece copie dozzinali, è un grave problema per il settore. Secondo Coldiretti e Filiera Italia il “falso” Made in Italy agroalimentare nel mondo vale oltre 100 miliardi, con un aumento record del 70% nel corso dell'ultimo decennio. Più di due prodotti su tre venduti nel mondo come “italiani” sono falsi.

Il primo modo per sconfiggere queste imitazioni è rendere illegali i prodotti che vengono spacciati per italiani. Ed è quello che fanno gli accordi bilaterali tra Unione Europea e Canada, per esempio, che prevedono una tutela di 160 prodotti italiani DOP e IGP, che possono essere venduti con il nome italiano solo se autenticamente provenienti da aziende italiane.

Senza accordi commerciali meno tutele per i prodotti alimentari italiani

A seguito del Ceta, i dazi canadesi sulle importazioni dall’Europa sono ridotti del 98%, e l’export negli ultimi due anni è cresciuto a doppia cifra. Gli Stati Uniti invece non hanno un accordo bilaterale, per questo moltissimi brand italiani non sono tutelati: nessun produttore italiano riesce infatti a competere con i prodotti fake. Il 2021 deve essere anche l’anno dell’educazione al consumo: la Cina, il principale canale di sfogo potenziale per i prodotti italiani, ha una grande tradizione culinaria, ma la sua popolazione giovane è sempre più alla ricerca di prodotti occidentali e ricercati. Bisogna riuscire a farglieli conoscere, e soprattutto far capire che l’autenticità della scelta è determinante per la qualità finale. Il mercato è ancora molto grande e quindi c’è spazio per tutti, se si capisce come e dove investire.

Formazione e narrazione: le testimonianze degli esportatori

Più in generale, con quali prodotti si può aggredire il mercato estero? Vito Palumbo, brand manager delle cantine Tormaresca spiega che la Puglia è molto ambita, il primitivo è la varietà trainante al momento, ma - soprattutto grazie alla passione degli americani - ci sono ottime speranze per i rosé, che potrebbero avvicinarsi ai più famosi provenzali. Per questo la formazione, il racconto e l’approfondimento sono indispensabili, sfruttando le nuove abitudini e le potenzialità del digitale.

Esattamente come sta facendo I Love Italian Food, il network internazionale che promuove e difende la vera cultura enogastronomica italiana. Una community che dal 2015 ha raggiunto più di tre miliardi di contatti digitali in tutto il mondo. Secondo il suo fondatore, Alessandro Schiatti, è possibile ripensare il modo di fare formazione. Occorrerà sfruttare le opportunità lasciate dalla pandemia: oggi è possibile fare formazione ma anche organizzare eventi, degustazioni in modo nuovo, molto meno costoso e in grado di raggiungere i professionisti in ogni angolo del pianeta. L’export agroalimentare italiano salverà il bilancio italiano? Sarà possibile se sapremo cogliere tutte le opportunità che il nuovo scenario ci offre.Per fare un riepilogo: nel 2021 il mondo del cibo dovrà puntare forte sulle sue potenzialità, cioè l’export e la protezione del made in Italy. Ma non soltanto: c’è spazio per spingere forte sulla formazione, per migliorare la comunicazione, e offrire nuove esperienze ai clienti

In poche parole: vince chi innova. Come sempre.

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