Intesa Sanpaolo a fianco della moda Made in Italy
L'Italia primeggia in Europa quando si parla di sistema moda (tessile, abbigliamento e calzature): è quanto emerge da uno studio presentato dalla direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo in occasione della Fashion Week Milano september 2018. L’industria tessile rappresenta infatti un settore chiave per la nostra economia, capace di impiegare oltre 500 mila addetti e di costituire, da sola, il 10% dell’intero settore manifatturiero con 24,2 miliardi di euro di valore aggiunto generato nel solo 2017 (pari ad un terzo di tutto quello del vecchio continente). Numeri che evidenziano il primato europeo dell’Italia in questo settore, anche in termini di produzione, con il saldo commerciale in attivo per circa 20 miliardi di euro. Dal confronto con i principali competitor europei risalta quindi la grande competitività su scala globale della moda italiana, se paragonata al disavanzo francese (-13,9 miliardi), tedesco (- 19 miliardi) e britannico (-21 miliardi).
I risultati dello studio realizzato da Intesa Sanpaolo sintetizzano efficacemente diversi punti di forza della filiera moda italiana. Un’ampia base produttiva le cui peculiarità risiedono innanzitutto nell’organizzazione reticolare tipica dei distretti industriali: una strutturazione capace di preservare nel tempo competenze, know-how e qualità della fashion Made in Italy, pur diversificando fortemente la produzione. Interessante notare come circa il 70% dell’export riguardi l’alta gamma (pari a 51 miliardi di euro nel 2017) con quote elevate di mercato globale che raggiungono il 16% nelle calzature e il 21% nel comparto pelli e pelletteria, nonostante la forte concorrenza dei player asiatici.
Anche l’analisi GVC (Global Value Chain), eseguita sulla base di tavole WIOD (World Input-Output Database) conferma i tratti strutturali unici della filiera della moda italiana, con un contributo nazionale alla produzione pari al 78,7% del totale (la Francia, ad esempio, arriva al 60%, principalmente a seguito della delocalizzazione produttiva spinta dai grandi marchi del lusso): un peso rilevante sulla produzione totale, che mette in risalto il forte legame con l’indotto territoriale.
Ci sono però anche aspetti su cui lavorare, tra i quali la moda online che dovrà necessariamente catalizzare maggiore attenzione e maggiori investimenti, vista la crescente importanza del mercato digitale. In Europa infatti, nell’ultimo decennio, la percentuale di acquisti di moda online è quasi triplicata (dal 13% del fatturato totale del 2008 al 37% del 2017) e l’Italia ha ampi margini di crescita, soprattutto per le aziende di dimensioni medio piccole che non hanno ancora una vera e propria presenza nell’e-commerce.
Se invece si considerano le prospettive, sempre secondo l’analisi condotta da Intesa Sanpaolo, il fatturato del fashion italiano è destinato a crescere ad un tasso medio dell’1,5% annuo nel periodo 2019-2022, a prezzi costanti, trainato dall’aumento dell’export (dal 61% attuale al 66% nel 2022) e dalla ripresa della domanda interna, spingendo verso un ulteriore incremento del saldo commerciale, che nelle attese si dovrebbe attestare vicino ai 25 miliardi di euro nel 2022. A determinare questa ulteriore crescita sarà la domanda mondiale dei prodotti d’alta gamma, con un incremento di circa 42 miliardi di dollari nel 2021 rispetto al 2016. La sfida più importante sarà quindi intercettare questa domanda aggiuntiva, concentrata prevalentemente nei mercati più lontani ed emergenti (USA, Canada, Cina, Hong Kong, Giappone ed Emirati Arabi Uniti), sfruttando la grande attenzione di cui già gode la fashion Made in Italy e che ha permesso di raggiungere negli ultimi anni traguardi importanti.
Novembre 2018